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Giudizio telelologico in "Critica del giudizio" di Kant



Giudizio teleologico è riferito al rapporto interno che intercorre in ogni organismo vivente. Se infatti l’intelletto è in grado di spiegare una scienza fisica coerente che si basi su leggi universali, esso non è sufficiente a spiegare il più piccolo e semplice organismo vivente. La vita di un verme o la crescita di un filo d’erba non potrà mai essere compresa a partire da un giudizio determinante, ma potrà esserlo solo sul piano del giudizio riflettente, facendo ricorso al concetto razionale (e dunque utilizzando la ragione e non l’intelletto) di finalità interna. All’interno di ogni organismo vige la massima coerenza che obbedisce a dei principi interni non riconducibili a quello di causalità. Quest’armonia può essere estesa in generale al mondo in cui tutto è subordinato ad uno scopo finale. L’uomo, attraverso il giudizio riflettente, può essere visto come scopo finale dell’esistenza del mondo, così che il mondo non sia concepito come ostacolo, bensì favorisca la moralità che viene dall’uomo stesso. Kant insiste nel dire che il fine non è una categoria intellettuale ma un concetto della ragione: perciò tutto ciò che da esso deriva non ha valore conoscitivo. La finalità ha allora soltanto valore euristico, ossia può aiutarci a progredire nella nostra ricerca dei nessi meccanici-causali, i soli che possiedono validità teoretica e conoscitiva.

Tratto da FILOSOFI DELL'ETÀ MODERNA di Carlo Cilia
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