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Gli audiovisivi: teoria e tecnica

Il linguaggio audiovisivo


Il lavoro cinematografico è svolto da una troupe dove ognuno rappresenta un tassello essenziale per la resa finale del film; il regista è coordinatore della troupe ed esalta la creatività di ciascuna figura professionale.
O ogni “discorso filmico” presenta codici appartenenti anche ad altri mezzi espressivi.
Quindi il cinema è un medium pluricodico che veicola testi filmici composti da relaziono tra codici cinematografici specifici e non specifici.
La realizzazione di qualsiasi prodotto audiovisivo comporta tre fasi di elaborazione:
Scrivere le immagini: la fase di preproduzione
PREPRODUZIONE è la fase di scrittura in cui sono previsti gli elementi che si vogliono raccontare e che compongono la storia, questa fase è indispensabile anche per la pianificazione del lavoro che si dovrà svolgere nella fase di produzione in cui tutto ciò che è stato scritto nella sceneggiatura viene ricostruito, il linguaggio filmico in questa fase interviene con i suoi molteplici procedimenti significanti.
Nel cinema si distinguono quattro stadi di scrittura:
- Il “soggetto” cioè il contenuto sintetico di ciò che si vuole realizzare
- La “scaletta” è la presentazione di tutti gli eventi del film ordinata secondo la disposizione lineare dei fatti narrativi
- Il “trattamento” è una fase dettagliata della stesura filmica è un’elaborazione più rifinita e particolareggiata della storia, redatta in forma indiretta
- La “sceneggiatura” è la fase “filmica”e descrive le modalità per realizzare i contenuti della storia divisi in singoli blocchi. Bisogna pensare per immagini e tradurre verbalmente seguendo due regole fondamentali: ogni sceneggiatura deve essere scritta al presente.
La sceneggiatura presenta tutte le scene da effettuare in singoli blocchi numerati con le indicazioni del luogo, del tempo dell’azione.
La sceneggiatura redatta in italiano presenta un foglio diviso in due colonne dove a sinistra sono descritte le azioni e a destra ci sono i dialoghi. 
Inquadratura o un piano è l’unita minima e corrisponde in sede di ripresa ad un singolo ciak; 
Scena è un insieme di piani frammentari che mostrano in modo continuo delle azioni; 
Sequenza é un’unità narrativa completa e autonoma formata d a diverse scene. 
La sceneggiatura tecnica prevede ogni scena, inquadrature, angolazione e movimenti della macchina da presa.
L’inquadratura ci offre informazioni sui contenuti,la qualità di quel mondo. La filmologia distingue:
componente PROFILMICA – relativa a ciò che sta letteralmente davanti alla macchina da presa per essere ripreso
componente FILMICA – l’organizzazione di questo materiale in un immagine

Sezionare la realtà: la fase di produzione


Produzione: gli strumenti che ha il regista, sezionano la realtà in “inquadrature” attraverso processi codificati.
La preparazione di un set rappresenta un costo e quindi tutto deve essere organizzato per ammortizzare le spese e ciò avviene attraverso lo spoglio della sceneggiatura  cioè le riprese non sono fatte seguendo l’ordine della sceneggiatura, ma utilizzando un criterio di carattere economico che accorpa diverse sequenze da filmare in base agli ambienti delle riprese. Questo permette di risparmiare e pianificare il lavoro della troupe; questo spoglio conduce alla realizzazione del “piano di produzione” per cui per ogni giorno di lavorazione sono previste le figure professionali e tutto l’occorrente per le riprese.
Dopo aver costruito il set cinematografico si passa al ciak che dà inizio alle riprese.
Nella fase di produzione si possono distinguere quattro principali fattori che organizzano le riprese: 
Distanza della macchina da presa
La grandezza scalare delle inquadrature dipende dalla distanza della macchina da presa e dal tipo di obiettivo che viene utilizzato.
Il primo risultato dell’inquadrare è operare un taglio:
CAMPO qualcosa ci viene mostrato
FUORICAMPO qualcosa resta fuori

Il cinema lavora sulla distanza e sulle dimensioni degli oggetti grazie alle POSIZIONI. 
Il cinema delle origini faceva scarso uso del primo piano e delle figure ravvicinate.
CAMPI designano le inquadrature che riservano all’ambiente un ruolo prevalente a quello dei personaggi:
- CAMPO LUNGHISSIMO (CL) è lo spazio nella sua estensione, i soggetti sono ridotti a silhouette
- CAMPO LUNGO (Ci) lo spazio è rappresentato nella sua estensione ma più da vicino gli aspetti dei personaggi sono meglio distinguibili.
- CAMPO MEDIO (Cm) circoscrive l’ambiente e vi inserisce personaggi che occupano metà dell’altezza dell’immagine
- TOTALE (T) racchiude un ambiente ripreso in modo esaustivo (ad es un locale i personaggi sono perfettamente collocati).

I PIANI indicano un modo in cui l’inquadratura scandisce la segmentazione del corpo umano:
- FIGURA INTERA l’altezza del personaggio occupa l’altezza intera del fotogramma
- PIANO AMERICANO, taglia il personaggio al ginocchio
- MEZZA FIGURA inquadra il personaggio fino al busto
- MEZZA FIGURA STRETTA non lascia molto spazio intorno al busto
- PRIMO PIANO mostra la testa e le spalle
- PRIMISSIMO PIANO (Ppp) si limita alla testa
- DETTAGLIO si riferisce a singole parti del corpo o un oggetto.

Angolazione e inclinazione della macchina da presa
L’inclinazione della macchina da presa riguarda la sua posizione rispetto alla linea orizzontale del suolo e può cambiare per descrivere e comunicare situazioni particolari, ad esempio la “soggettiva” di un personaggio riprende il suo punto di vista.
- Dal punto di vista dell’asse di ripresa la macchina da presa può riprendere:
- Inquadrature sull’asse (in bolla) con l’asse che è parallelo all’asse dell’orizzonte
- Fuori asse (fuori bolla) cioè obliquamente
- Dal punto di vista dell’angolo di ripresa la macchina da presa può riprendere Frontalmente o non frontalmente.
- Dal punto di vista dell’inclinazione può riprendere ad altezza d’uomo o dall’alto o dal basso. 
Il contre-plongée si ottiene giustapponendo un vetro tra il personaggio ripreso in una posizione innaturale dal basso e la macchina da presa dove l’asse è perpendicolare al soggetto ripreso.
- à-plongée quando la macchina da presa è posta in alto a “piombo” e riprende il soggetto in modo perpendicolare al suono.
Di solito le riprese oblique dal basso vengono utilizzate per marcare una posizione di superiorità psicologica rispetto al contesto narrativo.

La composizione interna del quadro
La “composizione del quadro” riguarda l’equilibrio degli oggetti e dei personaggi che compongono l’inquadratura ed è realizzato in modo che lo spettatore possa focalizzare la propria attenzione sugli elementi essenziali. Secondo gli studi della percezione filmica l’occhio si concentra al centro dello schermo ed è qui che l’azione si deve compiere, nel “rettangolo dell’azione”ottenuto dividendo in tre parti uguali ognuno dei lati che lo compongono.

I movimenti della macchina da presa


La mobilità può essere prodotta da Movimenti Fisici Della macchina da presa:
- PANORAMICA – la macchina fissata su un cavalletto ruoto intorno al proprio asse in senso orizzontale/verticale
- CARRELLATA – la macchina è collocata su una base in movimento: comunemente è su un carrello su dei binari ma può anche essere anche un auto (camera car) e un aereo (carrellata aerea).
In FINO ALL’ULTIMO RESPIRO un lungo piano sequenza mostra una scena di dialogo tra i due protagonisti a Parigi. Per realizzare questa scena è stata usata una ripresa con CARRELLO A PRECEDERE (n movimento di macchina che inquadra i due personaggi precedendoli) l’operatore per l’impossibilità di montare un carrello si fece spostare su una sedia a rotelle. L’inverso è il CARRELLO A SEGUIRE.
- DOLLY – è una sorta di piattaforma elevatrice posta all’estremità di un braccio collegato a terra con un carrello mobile. La macchina e l’operatore è collocata sopra.
- GRU – è simile ma di maggiori dimensioni permettendo movimenti più ampi
- MACCHINA A MANO – la macchina è fisicamente legata all’operatore
- STEADYCAM – il cinema contemporaneo usa questa tecnica, la macchina collegata al corpo è dotata di ammortizzatori cosicchè i movimenti non ricadono sull’inquadratura. 
- JIMMY JIB - che combina le possibilità di movimento della gru con una facilità d’uso perché consiste in una base su cui è collocato un braccio tubolare alla cui estremità la macchina da presa è montata su un motorino remotato che produce movimenti panoramici sia orizzontali e sia verticali può coniugare il movimento del braccio e della macchina da presa, è montato su delle rotaie o su un supporto con rotelle che permette tre distinti movimenti .
Il cinema contemporaneo consente anche di trasportare la macchina da presa lontano dall’operatore:
Louma – fissata ad un braccio mobile
Skycam – fissata ad un cavo scorrevole
Un altro modo di produrre mobilità è legato all’uso dell’obiettivo a focale variabile cioè lo ZOOM (carrello ottico) che a differenza della carrellata modifica i rapporti di scena in modo essenziale.

Ricostruire la realtà: la fase di postproduzione


POSTPRODUZIONE : alcuni procedimenti codificati vengono utilizzati per assemblare le sequenze. Queste fasi sono collegate infatti nella fase di scrittura ci sono tutti gli elementi necessari per effettuare le riprese e questi vengono ripresi per l’assemblaggio in sede di montaggio. Non bisogna girare solo prevedendo la quantità e la tipologia di inquadrature, ma è anche indispensabile che si tengano presenti i tipi di raccordo che in sede di montaggio si andranno a compiere tra le singole inquadrature e il modo in cui si assemblano le grandi unità filmiche che compongono la struttura narrativa del film. La sceneggiatura è indispensabile perché pianifica nel dettaglio ogni elemento della fase di produzione e controlla anche la coerenza tra ciò che precede e segue ogni singola inquadratura nella fase di postproduzione. Questa fase riguarda l’assemblaggio delle inquadrature che compongono le sequenze. 
Il montaggio è una fase fondamentale costruisce il discorso filmico omogeneo da un punto di vista spazio-temporale. Per alcun teorie rappresenta il procedimento semiotico per eccellenza perché costruisce in un senso unitario le singole sequenze filmiche.
Christian Metz ha introdotto il modello della “GRANDE SINTAGMATICA” della colonna visiva per indicare otto grandi unità narrative utilizzate dal linguaggio cinematografico, cioè quelle regole linguistiche  e narrative che formano la “retorica filmica”.

Il principio del triangolo

In una scena di dialogo tra due attori che si fronteggiano bisogna riprendere prima l’uno e poi l'altro.
La direzione degli sguardi definisce la “linea d’interesse” con cui si scelgono tre posizioni per collocare la macchina da presa ed effettuare le riprese, queste posizioni unite da una linea immaginaria formano un triangolo.
Questa tecnica consente di riprendere gli attori sempre allo stesso lato dello schermo, altrimenti si rischia lo “scavalcamento di campo” che nasce dalla necessità di non confondere lo spettatore.
Infatti con lo scavalcamento di campo lo spettatore nota qualcosa di sbagliato cioè la dislocazione degli attori e il passaggio da un’inquadratura a un’altra può apparire “innaturale”.

Grammatica filmica


Per “grammatica filmica” si intende l’insieme di procedimenti codificati soprattutto nel cinema classico americano degli anni 30 e 40 che prescrivono le regole per raccordare due inquadrature in modo che il passaggio dall’una all’altra sia intelligibile e percepito come “naturale” dallo spettatore.
Ci sono tre tipi di relazioni che possono intercorrere tra due inquadrature: 
- discontinuità quando ciò che è mostrato da un’inquadratura è totalmente diverso da ciò che è mostrato da quella successiva; 
- continuità quando ciò che è mostrato da una è uguale in tutto o in parte a ciò che è mostrato dall’altra;
- prossimità quando c’è contiguità fisica o narrativa tra le due inquadrature.
L’introduzione e la codificazione di regole è necessario soprattutto per organizzare lo stacco e il passaggio di due inquadrature che presentano rapporti di continuità, una sorta di grammatica filmica che rappresenta un insieme di regole codificate che con il tempo hanno caratterizzato la maggior parte della produzione audiovisiva.
Si possono distinguere almeno quattro tipologie di regole che organizzano il raccordo tra due inquadrature legate da un rapporto di continuità:
- RACCORDI DI SGUARDO: perché in una scena di dialogo montata in campo controcampo si abbia la sensazione che i due personaggi si stanno guardando occorre che gli attori non guardino nello stesso punto.
- RACCORDI DI MOVIMENTO:questo tipo di raccordo è basato sul comportamento dell’occhio umano nella fruizione filmica e in particolare sulla sua capacità di essere attratto dal movimento anticipandolo e posizionandosi sulla parte dello schermo in cui si concluderà il movimento si può esaurire all’interno dell’inquadratura o continuare all’esterno; in questo modo è organizzata l’entrata e l’uscita degli attori dal campo se ad esempio l’attore esce a destra nella prossima scena entrerà a sinistra.
Se un attore deve svolgere un’azione il suo movimento può essere sezionato in più inquadrature spostando la macchina da presa in più punti; il movimento può essere anche ricomposto attraverso alcune regole: 
“attacco dopo il movimento” che riguarda la possibilità di staccare sull’inquadratura immediatamente dopo che il soggetto abbia concluso la sua azione nella precedente; 
“attacco sul movimento” è più complicato infatti l’entrata e l’uscita di un attore è un tipo di stacco sul movimento dove si aspetta che l’attore esca da destra per rientrare successivamente da sinistra, però si può anche staccare l’inquadratura quando l’attore è parzialmente fuori campo per farlo poi rientrare nel lato opposto alla sua uscita, si può staccare l’inquadratura e ritrovare l’attore già nel campo nella successiva senza mostrare la sua entrato, o si può coprire con più di due quadrature il percorso dell’attore.
RACCORDI  DI VARIAZIONE SCALARE E DI ANGOLAZIONE: lo stacco può avvenire anche variando la grandezza delle due inquadrature con lo zoom o allontanando/avvicinando la macchina da presa dal soggetto da riprendere. La macchina da presa si troverà in asse con il soggetto e l’effetto dello stacco consisterà nell’ingrandire o ridurre il soggetto inquadrato.

Retorica filmica


Ci sono anche procedimenti che riguardano la costruzione di grandi unità narrative.
Alla fine degli anni 60 Metz formalizzò il modello della “grande sintagmatica della colonna visiva” per individuare i procedimenti filmici prodotti dal montaggio che organizzano lo spazio e il tempo narrativi.
La grande sintagmatica rappresenta una tipologia dei modi in cui il discorso in immagini costruisce lo spazio e il tempo nei diversi segmenti autonomi individua otto tipi sintagmatici:
1. Il “piano autonomo” è una sequenza formata da un unico piano che Metz distingue in:
a) “piano-sequenza” composta da un’unica scena senza discontinuità spazio-temporale e senza stacchi tra i piani;
b) “inserti”, piani isolati dal resto del racconto filmico e Metz distingue tre tipologie:
- “inserto non diegetico”: all’interno della costruzione filmica viene inserito un paino che commenta una particolare vicenda ed è estraneo alla narrazione come ad esempio Blob che utilizza inserti non diegetici che commentano immagini;
- “inserto soggettivo”: piano segnalato anche da particolari effetti di luce che all’interno del racconto rappresenta la dimensione soggettiva di un personaggio come un sogno;
- “inserto diegetico dislocato”: un piano che è dislocato da un punto di vista spazio-temporale rispetto alla scena in cui è inserito; tipici sono i flashback o i flashforward 
- “inserto esplicativo” è un piano ingrandito e astratto dallo spazio funzionale per scopi esplicativi come dettagli di giornali.
2. Il “sintagma parallelo”è una sequenza che comprende più piani e alterna motivi tematici che non sono legati da relazioni spaziali o temporali. Non ha una funzione denotativa, ma presenta un forte valore simbolico.
3. Il “sintagma a graffa” è una sequenza composta da più piani senza legami spazio-temporali e si distingue dal sintagma parallelo perché non si basa sull’alternanza di due motivi tematici, ma sulla frammentarietà dei vari piani raggruppati in una singola scena secondo un unico tema. Descrive una serie di vicende e avvenimenti tipici di un’unica categoria. Ad esempio le sigle iniziali utilizzano per ogni protagonista una molteplicità di piani che descrivono le sue vicende-tipo.
4. Il “sintagma descrittivo” è una sequenza composta da più piani legati da un rapporto di coesistenza spaziale. L’esempio di Metz è la descrizione di un paesaggio tramite la successione di piani di un albero, d un ruscello, di una collina. Il nesso che lega i piani della sequenza è di tipo spaziale.
5. Il “sintagma alternato” è la sequenza classica del cinema moderno dove i vari piani si raggruppano secondo un legame cronologico,consecutivo e non lineare. In esso c’è consequenzialità diegetica tra le azioni ma vi è anche una simultaneità temporale dato l’alternarsi dei due motivi.
6. La “scena” è costituita da più piani, è cronologica, sequenziale lineare. Il significante è frammentato, ma la diegesi è esibita in una continuità spazio-temporale attorno a un unico avvenimento, mostrato senza interruzioni cioè il tempo dell’enunciazione di una scena coincide con il tempo della diegesi, ad esempio le scene di conversazione.
7. La “sequenza a episodi” costituisce un insieme di scene o microscene separate da effetti ottici che mostrano una serie di avvenimenti legati da un nesso consecutivo e cronologico dove ci sono salti sia sul piano del significate che su quello del significato. Il senso della sequenza a episodi risiede nella sua totalità e nella sua capacità di riassumere in poche scene una fase narrativa del film. Ogni singolo piano è esemplificativo di una determinata fase dello sviluppo narrativo, ma la sequenza nel suo insieme si presenta in modo discontinuo sia sul piano del significante che su quello del significato.
8. La “sequenza ordinaria” è cronologica e consecutiva ma il tempo diegetico è compresso e condensato in modo da eliminare particolari non rilevanti. Nella sequenza a episodi ogni singolo episodio è separato dagli altri e rappresenta una microscena, mentre la sequenza ordinaria restituisce solo una singola unità d’azione e di avvenimenti in modo consecutivo, anche se con salti diegetici ed ellissi temporali in modo da tagliare gli elementi ritenuti non pertinenti.

La grande sintagmatica risponde a un principio di articolazione, attraverso una successione di pertinenze.

Tratto da FARE COMUNICAZIONE, TEORIA ED ESERCIZI di Anna Carla Russo
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