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I commenti di Cristoforo Landino (1424 – 1498)


Fu il primo a tradurre interamente Plinio in volgare. L'editio princeps del testo, latino però, era stata stampata nel 1469 a Venezia, presso Giovanni da Spira. La traduzione il volgare di Landino apparve per la prima volta nel 1476 sempre a Venezia e, nonostante i difetti, ebbe molte edizioni. Sorte fortunata se lo confrontiamo all'opera di Ghiberti, che rimase, ahimé, semi ignota fino ai tempi recenti.
Per noi è invece più importante il suo Comento sopra la Comedìa, sullla Commedia di Dante Alighieri, pubblicato nel 1481, preceduto da una apologia del poeta e della sua città contro i suoi detrattori. Qui Landino dà uno sguardo a tutto quello che Firenze ha fatto nel campo della cultura, ordinando il suo elenco secondo le categorie degli uomini illustri che l'avevano fatta grande, tra le quali non mancava naturalmente la categoria riservata all'arte figurativa. Sono commenti brevi e recisi, notevoli come indizi dell'opinione contemporanea; riguardano, inoltre, solo personalità defunte, che permetteva un giudizio quasi definitivo. Anche il Vasari, nella sua prima edizione, si comportò alla stessa maniera. Vediamole meglio.
A Cimabue (vero nome Cenni di Pepi, Firenze 1240 – Pisa 1302) attribuisce il merito della invenzione dei lineamenti naturali, e della vera proporzione, che i Greci chiamano simmetria. Di Masaccio (vero nome Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai, Castel San Giovanni, 21 dicembre 1401, Roma 1428) vengono messe in rilievo l'imitazione del reale, il rilievo delle figure e l'eccellente prospettiva.
Filippo Lippi (Fra Filippo di Tommaso Lippi, Firenze 1406 – Spoleto 1469) è giudicato abile particolarmente nel colorito e nel rilievo (termini che ricorreranno continuamente in tutta l'opera, fino a ridursi sempre più a categorie scolastiche). Andrea del Castagno (Andrea di Bartolo di Bargilla, Castango 1421 – Firenze 1457) è lodato come grande disegnatore e come amante delle difficoltà, specie negli scorci.
Paolo Uccello (Paolo di Dono di Paolo, Firenze 1397 – 1475) è considerato gran compositore, fote nella pittura di animali e nella prospettiva. Di Fra Angelico o Beato Angelico (al secolo Guido di Pietro Trosini, nome da frate Giovanni da Fiesole, Vicchio 1395 – Roma 1455) si rileva la grazia e la devozione.
Brunellesco (Filippo di Ser Brunellesco Lippi detto Filippo Brunelleschi, Firenze 1377 – 1446) non è solo il glorioso costruttore della cupola del Duomo (Santa Maria del Fiore) ma anche il battistrada della pittura e della scultura, specialmente per quanto riguarda la prospettiva. Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi, Firenze 1386 – 1466) è degno di essere messo alla pari degli antichi, “nella varietà pronto” e vivissimo nell'espressione delle sue figure, che sembrano tutte in movimento.
A Ghiberti è dedicato uno spazio immeritatamente breve, e viene considerato come suo capolavoro “la porta del Paradiso”. Il catalogo finisce con i due Rossellini. Ne fece una continuazione Francesco Sansovino nella sua edizione (1564) del commento dantesco, che rivela uno spirito e uno stile facenti parte di un tempo ormai mutato.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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