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I quattro pilastri della marca: la performance, il portfolio, le alleanze, la reputazione


La performance resta certamente un pilastro, deve superare se stessa, migliorando continuamente tutta la sfera della qualità come viene percepita dal consumatore.

L’estensione dell’offerta in un portfolio poteva un tempo essere considerata un’opportunità; oggi diventa per la marca moderna quasi una necessità: ciò che conta è la capacità di aiutare la marca nel costruire una relazione col consumatore e non solo ottenere una unità venduta.

L’esempio che preferiamo è Virgin, con il suo spaziare dalla musica ai viaggi, dall’abbigliamento alla telefonia cellulare. Tutto sotto l’ombrello di una semplice ma potente idea che rappresenta il valore intangibile di Virgin: l’essere un’alternativa alle altre marche tradizionali e dominanti. Virgin, prima ancora di vendere musica o viaggi, vende l’anticonformismo del piacere, un certo gusto per la provocazione.

Le alleanze esplicite portate a conoscenza del consumatore facilitano e amplificano questo processo di estensione: anche un modo conveniente di costruire una marca con meno investimenti pubblicitari.

L’ultimo pilastro della marca totale è la reputazione. I valori della nostra società sono diversi da quelli da ieri: il centro è l’autorealizzazione. La marca può cogliere questo bisogno e diventare una importante presenza in una società che ha perso sicurezze. Oggi tuttavia, per costruire la reputazione di una marca, non bastano i dettami del brand positioning classico: all’offerta centrale sarà allora opportuno aggiungere altri prodotti e servizi (vedi caso Barilla).

Tratto da LA COSTRUZIONE PUBBLICITARIA DELLA MARCA di Domenico Valenza
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