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I ristretti limiti entro cui sono consentite contestazioni tardive


Nel 99% dei casi il sistema funzionerà nel senso che i fatti non controversi nella prima udienza resteranno tali per tutto il processo e nella ulteriore fase istruttoria le deduzioni probatorie verseranno solo sui fatti controversi, mentre le eventuali richieste di prove relative a fatti non controversi saranno respinte per difetto di rilevanza.
Ove ciò accada, la previsione di un sistema di preclusione istruttoria ancorato ad un momento immediatamente successivo alla determinazione del thema probandum, cioè dei fatti controversi, appare del tutto razionale e non è destinata a suscitare alcun problema.
È però insegnamento comune che la non contestazione può liberamente trasformarsi nell'ulteriore corso del processo in contestazione, rendendo quindi controversi e bisognosi di prova i relativi fatti, e che l'ammissione differisce dalla confessione prova legale perché può essere "ritirata" indipendentemente dalla prova che sia "stata determinata da errore di fatto o da violenza".
Nel rito ordinario, se ciascuna parte potesse liberamente, dopo la chiusura della prima udienza di trattazione, rendere controversi e quindi bisognosi di prova fatti originariamente non contestati o ammessi, la controparte verrebbe a trovarsi nella perniciosa situazione di vedere risorgere a suo carico un onere della prova che, almeno nel giudizio di primo grado, non sarebbe in grado di assolvere a causa delle già maturate preclusioni probatorie; ciò a meno che non abbia avuto l'accortezza di produrre documenti ed effettuare richieste istruttorie anche in ordine ai fatti non controversi della cui prova era in astratto onerato ai sensi dei criteri di riparto dell'art. 2697 c.c.: ma un simile accorgimento se per un verso di certo (in quell'1% di casi in cui una simile contestazione tardiva si possa verificare) varrebbe a tutelare la parte, per altro verso varrebbe di certo (in quel 99% in cui una simile contestazione tardiva non si verifichi) a paralizzare la gestione complessiva dei processi a rito ordinario, poiché i giudici verrebbero a trovarsi sommersi da un cumulo di documenti e richieste istruttorie in contrasto con quella esigenza di semplificazione e di economia che costituisce una delle funzioni principali cui dovrebbe assolvere l'impegnativa e dispendiosa prima udienza di trattazione.
La gravità del problema è tale da indurre a rimeditare le premesse in tema di assoluta libertà per le parti di rendere controversi nel corso del giudizio fatti risultati al termine della prima udienza non controversi, perché non contestati o ammessi.
Le caratteristiche del sistema inducono a ritenere che (nei processi relativi a diritti disponibili) l'ammissione o la non contestazione della parte costituita emersa nella prima udienza di trattazione può, nel successivo corso del giudizio, essere trasformata in contestazione tardiva, ma solo ove la mancata contestazione tempestiva dipenda da fatto non imputabile alla parte stessa: cioè solo ove la parte che intenda contestare tardivamente chieda ed ottenga la rimessione in termini.
Secondo questa soluzione la non contestazione o l'ammissione continuerebbero a differenziarsi dalla confessione prova legale: mentre questa, infatti, può essere "ritirata" alle condizioni previste dall'art. 2732 c.c. (cioè provando che è determinata da errore di fatto o violenza), la non contestazione e l'ammissione possono essere "ritirate" alle diverse condizioni previste dall'art. 184 bis c.p.c. (cioè provando che la mancata contestazione tempestiva è dipesa da "fatto non imputabile" alla parte stessa).
Ove il processo abbia ad oggetto diritti indisponibili la non contestazione e l'ammissione non varranno mai a porre il fatto non contestato o messo fuori del thema probandum.
Ne segue che in tali ipotesi le deduzioni istruttorie dovranno fisiologicamente essere articolate anche riguardo ai fatti non contestati o ammessi dalla controparte e che questa potrà liberamente effettuare contestazioni tardive; se un problema di rimessione in termini si porrà, esso riguarderanno la contestazione tardiva bensì all'opposto la deduzione istruttoria tardiva sul fatto originariamente non contestato o ammesso dalla controparte.
Accade cioè proprio l'opposto di quanto si verifica riguardo ai processi relativi a diritti disponibili.
Quanto, poi, l'ipotesi di contumacia del convenuto, nel nostro ordinamento essa non equivale a non contestazione e, pertanto, non esonera l'attore dall'onere di provare i fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio.
In ipotesi di costituzione tardiva, il contumace potrà, pertanto, senza danno prendere liberamente posizione sui fatti costitutivi, poiché più che contestarli e confermare il loro essere bisognosi di prova non potrà fare; quanto invece all'articolazione della prova contraria (e alla proposizione di eccezioni in senso stretto, domande riconvenzionali e chiamate in causa di terzi), sarà consentita solo ove il contumace sia rimesso in termini.

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