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I sistemi semiotici al cinema

I sistemi semiotici al cinema





Ciò ci obbliga, nel caso in cui volessimo usare operativamente la nozione di isologia, a rivederne, se non il senso, quantomeno il modo in cui si applica alla lingua e ai sistemi semiotici, sottoponendo le affermazioni di Barthes a un rovesciamento simile a quello da lui invocato per Saussure: considerando la lingua come un sistema non isologico e interrogarci sull’isologia di sistemi semiotici come il cinema. Un’operazione di tal genere comporterebbe essenzialmente due risultati:
1) considerare l’immagine cinematografica come un oggetto bifronte, dotato di due diversi regimi semiotici.
- Da un lato un regime non isologico che si struttura secondo modalità omologhe a quelle della lingua e che dunque significa “sotto il linguaggio”, e il senso si costituisce allora in grandi unità significanti, secondo i modi della lingua, e dunque si dà come senso narrativo.
- Dall’altro lato un regime isologico il cui senso si pone nell’immagine e fuori dalla lingua, come significazione immediata, e che si da come senso visivo e percettivo, organizzandosi, piuttosto che in grandi unità narrative, secondo una sintassi essenzialmente prenarrativa;
2) porre esplicitamente il problema del metalinguaggio: i sistemi non isologici autorizzano naturalmente, di per sé, il ricorso alla lingua come metalinguaggio, mentre sono i sistemi isologici a necessitare la costituzione di un metalinguaggio arbitrario. Il rovesciamento dell’assunto barthesiano, ponendo un aspetto isologico all’immagine cinematografica, rende necessario pensare ad un metalinguaggio a vocazione scientifica o, quantomeno, a un linguaggio di descrizione che non sia mimetico rispetto alla lingua, che non significhi sotto il linguaggio, ma invece strutturi un certo numero di assunti teorici relativi al carattere visivo del fatto cinematografico.

Tratto da SEMIOTICA DEI MEDIA di Nicola Giuseppe Scelsi
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