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Il caso dell’accesso cross-border alle prestazioni di cura


I sistemi sanitari nazionali possono considerarsi il cuore del c.d. modello sociale europeo, esprimendosi in essi al massimo grado il vincolo di solidarietà sul quale si fonda il welfare moderno.
Lo stretto legame che associa il diritto alla salute all’idea di welfare state è all’origine del “rispetto” da parte dell’ordinamento comunitario della sovranità statale in materia.
Da ciò non deve trarsi la conclusione che il diritto comunitario non si occupi della salute pubblica: l’art. 152 Trattato CE conferisce alle istituzioni comunitarie un potere di intervento “complementare” rispetto alle politiche nazionali, che si sostanzia nell’incoraggiare la cooperazione ed il coordinamento tra gli Stati.
Il diritto comunitario, grazie alle nuove competenze introdotte nel corso degli anni ’90, può dettare principi e linee guida di carattere generale in merito al miglioramento della salute ed alla prevenzione delle malattie, ma sul “come” gli Stati debbano organizzare e finanziare i propri servizi sanitari esso non ha voce in capitolo.
Anche in questo campo l’apparente impermeabilità tra sfera di competenza statale e comunitaria deve fare i conti con l’invasività delle regole del mercato interno e con il principio della libera circolazione di lavoratori, merci, capitali e servizi sul quale esso si fonda.

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