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Il colloquio come co-narrazione


L’attenzione deve essere rivolta alla narrazione intesa come atto relazionale e situazionale, il raccontare a qualcun altro, in uno specifico tempo e in uno specifico spazio, un atto che propone una specifica costruzione della realtà su cui lo psicologo è chiamato a produrre pensabilità.
La narrazione proposta dal cliente è in dialogo con quella dello psicologo, il quale ha in primo luogo un suo modo di raccontarsi la professione, la sua funzione che orienta anche l’uso dei segni che introdurrà nello scambio discorsivo.
Chi ascolta non si limita a ricevere e/o commentare, ma partecipa alla sua stessa stesura, integrando con la storia raccontata a partire dai propri modelli interpretativi. Il colloquio smette di configurarsi come trasmissione e raccolta di significati predefiniti e acquista i contorni di un processo aperto all’autonomia interpretativa dei colloquianti.
La natura internazionale del processo con cui cliente e psicologo stabiliscono cosa sia significativo, riconoscendo la ricostruzione di ciò che è accaduto o accade è comunque il risultato di una negoziazione di significati fra due persone in relazione. Dunque la narrazione generativa è il prodotto di un processo intersoggettivo cui lo psicologo partecipa, proponendo, incoraggiando, alimentando, premesse e criteri di rapporto. Alcune tecniche che possono essere strumento per giungere a tutto ciò potrebbero essere:
a)Precisazione: mira ad approfondire e/o circostanziare il significato dal punto di vista di chi lo ha prodotto. È un’operazione prettamente semantica che si concentra sul contenuto del discorso.
b)Messa in connessione semantica o metaforica: di due momenti o contenuti rappresentazionali proposti dal cliente, con lo scopo di favorire la produzione di ulteriori significati.
c)Sollecitazione: rivolta al cliente alla produzione discorsiva
d)Soggettivazione: invito a non trattare la realtà in termini oggettivi
e)Esplicitazione: delle premesse che organizzano i testi, spesso date per scontate
f)Chiarificazione: es. sulla contraddizione tra il raccontare una cosa che fa soffrire e ridere mentre se ne parla.

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