Skip to content

Il corpo dopo la morte


Il corpo è percepito talmente tanto come un fatto culturale che neanche dopo la morte viene abbandonato totalmente nelle mani della natura. L’uomo seppellisce i propri morti e i funerali sono sempre un evento collettivo. In forme diverse, tutti praticano la toilette del morto, la composizione del cadavere, la sua cura, la sua vestizione, la preparazione di cibi per il viaggio, la protezione dall’esterno (bara o telo, per esempio). La cura dei corpi dei defunti rappresenta l’estremo tentativo di strapparli alle ingiurie del tempo; seppellire è un modo per dissimulare il deperimento della carne; l’imbalsamazione temporanea lo rallenta; in altre culture la si accelera, facendo per esempio mangiare il corpo dagli avvoltoi o cremando il corpo; viene combattuta la decomposizione invece in pratiche come la mummificazione o la criogenizzazione (congelamento del corpo). La conservazione che aspira alla perennità è anche strumento del potere.
Distrutto o conservato, il corpo non viene mai lasciato al proprio destino: i vivi ne segnano in un qualche modo il percorso, e anche gli anonimi ossari con i resti dei caduti nelle guerre è un modo per non abbandonare all’oblio quelle spoglie senza nome. Diverso il destino dei corpi dei santi cristiani, portati in giro per essere ostentati e adorati, con continui investimenti estetici. Il culto delle reliquie non era un rimasuglio pagano, ma era il simbolo della sconfitta sulla morte: il corpo, anche se a pezzi, risponde al bisogno di fisicità e di materialità di cui i culti hanno bisogno, non è più un semplice resto organico, ma incorpora rapporti sociali importantissimi.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.