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Il crollo della casa Usher - Epstein -


Chute de la maison usher

Un aspetto rimane comune denominatore di quasi tutte le poche analisi dedicate al nostro film: la sostanziale integrazione narrativa della distruzione del castello all’interno della vicenda di Madeline e Roderick; il crollo della casa Usher, il cui rilievo è pure evidentemente sancito dal titolo, diviene, di fatto, un effetto, collaterale, della morte e della resurrezione di lady Usher. Ciò comporta l’istituzione di un unico piano, narrativo, su cui posizionare tutte le immagini del film, anche quelle che appaiono più decisamente eterogenee rispetto alla progressione del racconto: il castello appunto, il cielo stellato che disegna una sorta di immenso albero della vita, i due famosi gruppi di inquadrature che alternano esterni naturali a immagini rallentate della galleria del palazzo. In questo modo si ricostruisce un’unità logica e cronologica del narrato, di fatto arbitraria, che porta ad una sottovalutazione di quella particolarissima organizzazione temporale che ci appare invece il punto centrale da cui il film trae senso. Come dice Epstein stesso: “Tale potere di separazione del sur-occhio meccanico ed ottico fa apparire chiaramente la relatività del tempo. È dunque vero che alcuni secondi durano ore! Il dramma si situa al di fuori del tempo comune. Una nuova prospettiva, puramente psicologica è raggiunta. Ne sono sempre più convinto. Un giorno il cinematografo, per primo, fotograferà l’angelo umano.”.
È questa prospettiva psicologica – spirituale secondo Deleuze – che qui interessa. Il termine psicologico indica piuttosto un procedimento di astrazione, che mira a far scaturire dal dramma i caratteri psicologici puri, indipendenti dei personaggi e del racconto: il fine ultimo di Epstein non era quello di rappresentare un personaggio malinconico nella maniera psicologicamente più articolata introspettiva e coinvolgente possibile; si trattava invece di dare un’immagine alla malinconia stessa, nella sua forma geometrica, quasi scientifica, e comunque astratta, spirituale.

Tratto da SEMIOTICA DEI MEDIA di Nicola Giuseppe Scelsi
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