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Il fenomeno mafioso in Calabria (1975-1984)



Tra il 1975 e il 1984 sono stati tre i Convegni di studio promossi dalla presidenza del Consiglio Regionale della Calabria in merito al fenomeno mafioso. Due di questi erano legati ai rapporti tra mafia, società e Stato, mentre il terzo, quello del 13 – 15 dicembre 1984, si incentrava sul rapporto tra educazione e mafia, ponendo in essere l'interrogativo fondamentale circa il ruolo delle istituzioni formative operanti nel sistema sociale e le responsabilità, le inadempienze, l'inefficacia  delle strutture e il colpevole silenzio del paese Italia. All'epoca era vice – presidente regionale un pedagogista, ordinario a Catania, Serafino Cambareri, che ebbe il merito di raccogliere e tentare soluzioni operative legate al tema del produrre formazione all'interno del problema mafioso. La mafia, infatti, opera su precisi canali di socializzazione e di educazione, distorcendo il sistema di valori consolidato e condiviso, proponendo una contro socializzazione, anomostatica e divergente. In questa prospettiva il coinvolgimento della realtà territoriale è fondamentale e il modello etico – politico non tollera ambiguità di sorta.
Molta letteratura meridionalista, da Villari a Salvemini a Mosca a Saverio Nitti, ha denunciato con vigore il blocco di potere che con l'Unità si realizza tra la borghesia industriale del Nord e la aristocrazia terriera del Sud, la prima impededendo alla seconda di far nascere a sua volta una borghesia imprenditrice, moderna e attiva, che scalzasse quella parassitaria dei galantuomini. In questo disegno di denuncia, la mafia svolge un ruolo di rilievo, difendendo, già prima dell'Unità d'Italia, gli interessi degli agrari nella lotta contro i contadini e i braccianti meridionali, ricevendo in cambio grossi vantaggi in termini di conquista e mantenimento di poteri economici e politici. La mafia, diceva Villari, nasce in rapporto a situazioni concrete e la lotta al fenomeno mafioso non ha sortito effetto perché, paradossalmente, ha individuato come soggetti risolutivi dei problemi le stesse forze responsabili delle degenerazioni sociali pure condannate.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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