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Il pelagianesimo in Occidente

Il pelagianesimo in Occidente



IL PELAGIANESIMO. La controversia che più fece scalpore in Occidente e mobilitò i cristiani fu quella del pelagianesimo, che recava con sé il problema del libero arbitrio, della grazia, e di questioni di antropologia e soteriologia legate a questo tema. Pelagio era un monaco di origine britannica e di buona cultura che si scontrò duramente su questo tema con Agostino, il famoso vescovo di Ippona. Pelagio viene a Roma intorno al 385 e vi riceve il battesimo, conquistandosi un gran seguito per il suo rigore ascetico della sua vita e l'opera sapiente di direttore spirituale. Legato alla Gens Anicia e a Paolino di Nola, fu forse nella biblioteca di Paolino che lesse gli scritti antimanichei di Agostino. Compone un commento delle lettere di San Paolo che è uno dei pochi documenti scritti sicuramente attribuibili a lui.
Nel 410 lascia Roma minacciata da Alarico e si trasferisce in Africa dove le sue tesi iniziano ad essere contestate da Agostino e un sinodo del 411 condanna l'allievo Celestio. Attaccato poi da Girolamo, un sinodo del 415 a Diospoli lo riabilita per mano di Giovanni di Gerusalemme. Seguono altre due condanne e la riabilitazione di papa Zosimo nel 418. Interviene infine Onorio che nel 418, temendo nuovi caos, bandisce con un editto Pelagio da Roma e ne condanna come superstitio la dottrina, confermando con un sinodo cartaginese la sua condanna.
Nelle grandi linee il pelagianesimo invitava l'uomo a impegnarsi nella ricerca continua della perfezione, nella lotta incessante contro il peccato, credendo nella libertà che il Creatore gli ha concesso e fidando ottimisticamente nella propria capacità di conseguire gli ideali morali del Vangelo raggiungendo uno stato di impeccantia. Una tesi che si scontrava con i temi del peccato originale, dato che si negava la trasmissione di esso, riservato invece solo ad Adamo, annullando anche gli effetti dell'elezione, della predestinazione e della grazia naturale, richiamando pericolosamente le dottrine stoiche della morale naturale.
Automaticamente il battesimo perdeva il suo valore salvifico e si sosteneva che anche prima della venuta di Cristo vi fossero uomini senza peccato, vanificando il ruolo redentorio del sacrificio di Gesù. Agostino è invece convinto della profonda indegnità dell'uomo in seguito al peccato originale e della incapacità di salvezza senza la grazia divina. Gli uomini sono destinati a perdere e solo pochi eletti saranno salvati, predestinati secondo l'imperscrutabile disegno divino.

Tratto da STORIA DEL CRISTIANESIMO ANTICO di Gherardo Fabretti
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