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Le prospettive associazionista e comportamentista del problem solving


L’antica teoria della disciplina formale della filosofia scolastica, in base alla quale la mente umana sarebbe composta da facoltà, fu criticata da Thorndike, il quale teorizzò l’apprendimento come il risultato di un’associazione che si stabilisce tra uno stimolo specifico e una risposta altrettanto precisa. Si tratta di un apprendimento per tentativi ed errori, che viene realizzato più facilmente se le sue conseguenze sono soddisfacenti per il soggetto.

Sulla base dell’esperimento del gatto in un puzzle box (dalla quale usciva dopo aver provato a premere la leva un certo numero di volte), Thorndike e altri teorizzarono la legge dell’effetto, secondo la quale ogni processo di apprendimento è influenzato dagli effetti che seguono una risposta (una ricompensa positiva consoliderà l’associazione S-R). In quest’ottica, l’apprendimento può essere adeguatamente spiegato senza far riferimenti agli stati interni, non osservabili.

Skinner riprese il concetto di rinforzo. La sua teoria del condizionamento operante sostiene che, quando un individuo emette dei comportamenti in risposta a certi stimoli, se tali risposte sono seguite da un rinforzo, aumenterà la probabilità che esse compaiano in situazioni successive.
Ne consegue che il nostro comportamento (modificabile, secondo Skinner, attraverso rinforzi positivi e negativi) non è determinato da ciò che avviene dentro la nostra testa, ma dalle esperienze di rinforzo che ci condizionano ad agire, come se fossimo delle macchine biologiche.

Un modello di apprendimento elaborato negli anni Sessanta, facente riferimento alle teorie comportamentiste, è quello di Gagnè, un modello gerarchico che prevede otto tipi di apprendimento (segnali, legami S-R, concatenazione tra essi, associazioni verbali, discriminazioni, concetti, regole e infine modalità di soluzione di problemi).
Secondo Gagnè, l’apprendimento è un cambiamento nelle attitudini o capacità umane; egli sostiene che l’acquisizione delle conoscenze è un processo nel quale ogni nuova capacità si costruisce sul fondamento delle capacità apprese precedentemente. Pianificare l’apprendimento vuol dire pertanto specificare e ordinare le capacità richieste come prerequisiti all’interno di un argomento da apprendere. Anche il problem solving si fonda su regole già apprese, risolvere problemi significa usare regole già apprese per arrivare alla soluzione di problemi nuovi.

Le attuali correnti della psicologia comportamentale hanno mutuato da Gagnè idee quali: l’apprendimento come sequenza dal semplice al complesso, dal prima al dopo; la scomposizione di un compito di apprendimento nelle capacità specifiche che implica; il concetto di transfer positivo, una capacità di ordine superiore può essere appresa più facilmente se prima è acquisita una capacità di ordine inferiore (transfer verticale); la progettazione di sequenze didattiche.
Secondo l’approccio comportamentale, i comportamenti cognitivi si riferiscono a tra tipi di condotte: le abilità (che si acquisiscono in seguito a ripetute esperienze), le conoscenze, la soluzione dei problemi (che include i repertori comportamentali dei primi due.
Il comportamento di problem solving può essere appreso dall’allievo a due condizioni: a) che egli possieda un ampio repertorio comportamentale a livello di abilità e conoscenze; b) che nel corso delle varie esperienze abbia perfezionato quella attitudine alla gestione dei problemi che gli consenta di manipolare gli stimoli della soluzione e di riorganizzarli in modo da raggiungerla.

Tratto da IL PROBLEM SOLVING di Domenico Valenza
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