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Il problema dell'identificazione del livello delle prestazioni garantite


La garanzia di adeguatezza della prestazione previdenziale non pone soltanto un problema di minimi.
Il carattere relativo sia del criterio di misura (l'adeguatezza), sia del referente (le "esigenze della vita") pone anche il problema dei limiti "verso l'alto" della garanzia costituzionale in materia previdenziale.
Ed in effetti, uno dei problemi più scottanti e discussi e variamente risolti nel tempo non per nulla è proprio quello del tetto della retribuzione pensionabile.
Infatti, è incontestabile che, in numerosi rilevanti casi, la legge ordinaria risulta protesa a garantire la conservazione del livello di reddito raggiunto durante il periodo di normale svolgimento della vita lavorativa: la prestazione previdenziale finisce così per acquisire sostanza di emolumento sostitutivo del reddito da lavoro, o di vera e propria forma di garanzia del salario.
Si deve sottolineare, inoltre, come il sistema di calcolo delle pensioni basato sulle ultime annualità di retribuzione (cosiddetta pensione retributiva), non possa dirsi puntualmente rappresentativo neppure di obiettivi per così dire meritocratici.
Infatti, soltanto calcolandola in riferimento al reddito medio di tutta la vita lavorativa, la pensione potrebbe essere realmente riconosciuta come "proporzionata" alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Ed infatti, quel criterio è suscettibile di dare riscontro e protezione essenzialmente alla situazione di fatto "del momento", quale è, appunto, il tenore di vita "raggiunto".
Per quanto riguarda, poi, il criterio indennitario, sebbene questo possa dirsi, in via di massima, superato, in non pochi casi il danno mantiene in concreto giuridica rilevanza nella disciplina positiva.
Tanto vale nell’assicurazione infortuni, dove, pur non venendo apprezzato come fatto giuridico generatore di una vera e propria obbligazione risarcitoria, il danno rileva come fatto giuridico generatore di un obbligo di corrispondere prestazioni di tipo indennitario, ma pur sempre rapportabili alla specifica situazione soggettiva.
Né vanno dimenticate le disposizioni che riconosco al lavoratore la facoltà di opzione per il mantenimento in servizio anche oltre il compimento dell'età pensionabile e fino alla maturazione del sessantacinquesimo anno di età, quando ciò serva per "massimizzare" i benefici pensionistici, attraverso l'incremento dell'anzianità assicurativa.
In sostanza, si potrebbe assumere, per dirla in altri termini, che l'attuale ordinamento previdenziale, il quale in conseguenza del basso livello dei trattamenti minimi e della selezione operata dai criteri assicurativi non è detto che attribuisca in tutti i casi un sufficiente livello di protezione, in più di un'ipotesi assicuri ai lavoratori e prestazioni economiche di livello non sempre rapportato (e per eccesso) a quello cui deve intendersi che propriamente si riferisca la suddetta garanzia costituzionale.

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