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Il risarcimento del danno

IL RISARCIMENTO DEL DANNO


Nell'inadempimento definitivo, in cui la prestazione non può essere più eseguita, il risarcimento del danno si “sostituisce” alla prestazione ed è costituito dalle conseguenze negative derivanti dalla definitiva mancata esecuzione della prestazione;
Nell'inadempimento temporaneo la prestazione può ancora essere eseguita, anche alla scadenza del termine. In questo caso il risarcimento del danno si “aggiunge” alla prestazione ed è costituito dalle conseguenze negative derivanti dal risarcimento nell'esecuzione della prestazione.
In entrambi i casi è risarcibile sia “la perdita subita dal creditore”, sia il “mancato guadagno” (Art. 1223).
Il danno emergente fa riferimento alla perdita che il creditore ha subito, nel suo patrimonio, derivante dall'inadempimento del debitore.
Il lucro cessante indica ciò che il creditore non ha guadagnato in conseguenza del mancato utilizzo della prestazione cui era tenuto il creditore.
L'inadempimento è colposo quando non deriva da una scelta consapevole del debitore ma è frutto della sua negligenza o imperizia. In questo caso i danni risarcibili sono limitati a quelli prevedibili nel tempo in cui è sorta l'obbligazione (art. 1225).
L'inadempimento è doloso quando esso è la conseguenza di una scelta consapevole del debitore; quest'ultimo è tenuto a corrispondere anche i danni imprevedibili al momento in cui è sorta l'obbligazione.
Nella liquidazione del danno a favore del creditore occorre poi tenere conto del concorso del fatto colposo del creditore: se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate (Art. 1227 “contributo causale” esclude, quindi, che il debitore debba risarcire il danno se non per quel pregiudizio che abbia cagionato con il proprio fatto).

Tratto da CORSO DI DIRITTO PRIVATO di Sara Zauli da Baccagnano
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