Skip to content

Il ruolo dello spetttaore empirico

Lo spettatore empirico va sottoposto ad un trattamento capace di renderlo idoneo agli scopi dell’analisi. La teoria deve sbarazzarsi di quanto idiosincratico e imprevedibile la parola spettatore richiama, senza con ciò negare la possibilità al destinatario di un ruolo. L’analisi allora vuole rinunciare all’individuo in carne e ossa attraverso una mediazione. Ciò che disincarna lo spettatore è il testo. Lo spettatore si fa testualizzare. Il fruitore dimentica il proprio corpo e si fa assorbire nell’immagine che il testo disegna e designa per lui. la soggettività si trova allora ad emergere attraverso un gioco tra le possibilità concesse al locutore di occupare una postazione liminare, di poter essere sia una marca grammaticale astratta che un soggetto con un corpo, sia una costruzione simbolica che una figura in carne ed ossa situata là dove i segni cedono il passo alla vita.
Il presupposto casettiano è esattamente ciò che ha generato discussione all’interno del campo teorico. Per Metz è il presupposto stesso che è discutibile: la nozione di enunciazione filmica, malgrado i richiami a non confondere Enunciatore ed Enunciatario con immagini di persone, è sostanzialmente antropomorfica. Ma la comunicazione filmica ha che fare con i meccanismi di costruzione della soggettività di altri sistemi simbolici-espressivi meno di quanto si creda: il film segnala un rapporto con il pubblico mettendo in gioco il proprio essere film senza richiamare in campo indici di soggettività. Nel cinema quando l’enunciazione si marca dell’enunciatario ciò non avviene – o almeno non avviene principalmente – attraverso impronte deittiche, ma attraverso costruzioni riflessive; l’enunciazione al cinema è sempre impersonale: il film non può dire IO. L’enunciatore si incarna nell’unico corpo disponibile, il corpo del testo, cioè una cosa che non sarà mai un IO, che non deve ottemperare ad alcuno scambio di ruoli con qualche TU, ma che è una fonte di immagini e di suoni, e che rimane tale: l’enunciatore è il film.
Bisogna sia rinunciare a una concezione dello spettatore nei termini di interlocutore sia all’idea dell’Enunciazione come qualcosa che quando vuole può saltare fuori dal testo e controllare le reazioni del pubblico. Le configurazioni enunciative hanno preso peso sulle reazioni degli spettatori, le guidano e le determinano, ma per poter studiare queste reazioni dobbiamo uscire dal testo. È in gioco quindi anche un problema di pertinenza metodologica. Fare analisi testuale, anche se si tratta dell’enunciazione, per Metz, significa stare ancora nel testo. Lo spettatore o è empirico o non c’è: non esiste insomma una figura semi-umana sempre in bilico tra dentro e fuori del testo che stava alla base del percorso analitico casettiano.
Focalizzando la propria attenzione solo sull’immagine che Dentro lo sguardo ci consegna, Costa ha messo in rilievo come una concezione deittica dell’enunciazione finisca facilmente col modellizzare un ricettore disciplinato. Il nuovo spettatore costruito dalla teoria appare inizialmente come nodo problematico, punto oscuro del processo comunicativo, ma poi diventa uno spettatore docile alle indicazioni testuali che collabora che è una meraviglia in modo che tutto nel funzionamento del testo sia chiaro.
L’approccio semio-logico-enunciazionale chiama in causa non un tipo di spettatore preciso, ma proprio a partire da questa ipotesi di ricezione forte, sviluppa un metodo interpretativo in cui il rapporto tra determinate funzioni testuali e le relazioni spettatoriali è stabile. Così come il ricettore è determinato, allo stesso modo il soggetto dell’analisi è capace di inferenze interpretative ben stabili.

Tratto da CRITICA CINEMATOGRAFICA di Nicola Giuseppe Scelsi
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.