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Il sistema bancario in Italia: IMI, INA e Banca mista

La crisi della Banca Mista fu risolta anche qui tramite l’acquisizione del controllo delle banche da parte dello Stato. Non c’è più il salvataggio ma il controllo pubblico.
Questo perché l’intervento dello Stato negli anni 30 è legato ad evitare un tracollo economico del paese: lo Stato deve intervenire perché non ci sono capitali privati in grado di salvare le banche, perché siamo un paese che è arrivato tardi all’industrializzazione ed un paese dualistico.
Una crisi bancaria generale, sarebbe stata esistenziale per l’intera economia italiana. Sarebbero mancati i fondi per attuare i programmi in corso nel settore agricolo, sarebbe mancato il finanziamento alle imprese proprio in una fase economica particolarmente delicata. Allo stesso modo, la chiusura di alcune imprese chiave, avrebbe avuto pesanti ricadute sulla stessa capacità produttiva del paese.
Al Sud la quota di agricoltura era maggiore (per il dualismo). Il passaggio dei disoccupati alla pubblica amministrazione avviene al Sud perché al Nord c’era l’alternativa dell’industrializzazione, mentre per il Sud non c’erano altre prospettive.
Inoltre non si emigrava più in Germania, a causa del Regime, e negli Stati Uniti perché avevano chiuso le porte all’emigrazione, soprattutto ai paesi europei.
Il regime di fronte alla crisi, oltre a diventare imprenditore, sviluppa la pubblica amministrazione, avviando forme di assistenza sociale. Vengono creati così due enti che dovevano gestire alcune prestazioni sociali. Le politiche sociali crearono…
- Il sistema pensionistico
- Assicurazione su malattie e infortuni sul lavoro
Il modello per garantire questi due fattori era dato da due enti, parastatali a capitale pubblico, controllati dallo Stato ma autonomi:
- INPS : istituto nazionale previdenza sociale
- INA : istituto nazionale per assicurazioni
Questi enti vengono creati dal Fascismo e nascono per rispondere alla crisi economica..
Il sistema pensionistico e l’assicurazione su malattie e infortuni sul lavoro erano a carattere pubblico per sostenere la domanda, però si carica così sulla collettività l’onere di questi due sistemi, tramite la fiscalità.
La fiscalità generale si fa carico di pensioni e sanità per favorire i consumi.
L’elemento critico di questo modello è il livello di pressione fiscale che serve per sostenere il modello. Questo sarà dagli anni 30 il problema di tutte le economia europee.
Il governo di allora voleva fare riforme di struttura che dovevano evitare il rapporto negativo tra banche e imprese. Vengono creati:
- ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO – IMI : nel 1931
- IRI : nel 1933
Oggi questi due enti non esistono più.


L'ente italiano IMI


E’ un ente di diritto pubblico, che:
- Concedeva mutui : prestava soldi alle imprese.
- Assumeva partecipazioni azionarie alle imprese.
In pratica svolgeva le stesse funzioni della Banca Mista, è lo Stato che si assume l’onere di fare il credito industriale.
L’IMI aveva un capitale di 531 milioni. Il capitale però non era dato dalla raccolta del risparmio privato, ma dall’INA e dall’INPS, poi anche dalla Cassa Depositi e Prestiti (che rappresenta il tesoro dello Stato) e da numerosi istituti di credito di diritto pubblico, tra cui il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, l’Istituto San Paolo e 21 casse di risparmio.
Gli accantonamenti per pensioni e le assicurazioni venivano quindi utilizzati per finanziare l’attività imprenditoriale.
L’IMI doveva finanziare le imprese perché:
- Per una ragione che riguarda la struttura economica: così poteva alleggerire il sistema bancario dalla domanda di credito a medio lungo termine. Alle banche rimanevano le funzioni di raccolta del risparmio e derogazione del credito a breve termine. Questa viene chiamata RIFORMA BANCARIA – 1936. Le banche non si occupavano più dei crediti a medio lungo termine e soprattutto dei crediti industriali, se non con appositi istituti.
- L’IMI non doveva salvare le imprese ma doveva finanziare le attività industriali che avevano un mercato, doveva finanziare lo sviluppo industriale.

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