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Il supplizio come spettacolo nell'antica Roma


Il momento della repressione assume un’importanza fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio della società e deve essere visto ed approvato da tutte le componenti di essa. È quindi naturale la sua trasformazione in spettacolo, né stupisce che le esecuzioni capitali possano entrare a far parte di giochi e intrattenimenti, sovente anch’essi cruenti. Pensiamo ai giochi nell’anfiteatro: nella cavea gli spettatori si distribuivano secondo un ordine preciso, che rifletteva la struttura gerarchica della società; essi erano al tempo stesso attori e spettatori di tale ordine, che si manifestava con chiarezza nel colore e nella foggia degli abiti, diversi nei diversi settori delle gradinate. È dunque evidente che il supplizio che si svolgeva dinnanzi a questo microcosmo ben ordinato era come se avvenisse al cospetto della totalità di membri della società. Il            trasferimento dei condannati: l’umiliazione costituiva una parte on trascurabile della pena: il trasferimento in corteo dal luogo del processo a quello del supplizio ne era un aspetto importante. Nel caso dei colpevoli condannati a morire nell’arena, essi partecipavano alla pompa, cioè alla processione che apriva i giochi. Damnatio ad bestias: pur non essendo la sola condanna eseguita nell’anfiteatro, vi ebbe particolare fortuna. L’inserimento dei supplizi negli spettacoli rendeva necessaria una selezione: la morte dei condannati doveva avvenire in modo rapido a no troppo per non ostacolare lo svolgersi degli altri intrattenimenti, e anche in modo “divertente”. Oltre a possedere questi requisiti la damnatio ad bestias doveva essere visibile a lontano ed era sempre imprevedibile per via del comportamento degli animali, ciò che la rendeva particolarmente gradita al pubblico. Il mosaico di El Djem: ai fini della conoscenza della damnatio ad bestias, particolare interesse riveste la scoperta degli anni ’60, della pavimentazione musiva nella città romana El Djem, in Tunisia. Nella decorazione, al centro è rappresentata una tribuna con a ciascun angolo un trofeo d’armi antropomorfo intorno ad essa si aggirano animali feroci e agli angli i condannati, che legati sono sorretti da un inserviente mente le fiere si avventano contro di loro. Il mosaico è stato datato alla fine del II inizi III secolo d.C. Il mosaico di Zliten: uno schema più elaborato della damnatio ad bestias si ritrova nella cornice musiva del pavimento di una sala della villa di Zliten in Tripolitania; sui lati nord e sud sono raffigurati i combattimenti tra coppie di gladiatori, che si svolgono a ritmo di musica; mentre i lati est e ovest erano occupati dal combattimento tra animali ed esecuzione dei condannati, legati a un palo e con le mai dietro la schiena.
Le pantomime mitologiche e storiche: gli spunti spettacolari che la damnatio ad bestias offriva vennero particolarmente sviluppati dagli organizzatori degli intrattenimenti che, mediante l’uso di allestimenti scenici, trasformarono le morti dei condannati in vere e proprie pantomime di argomento storico o mitologico. Il fuoco: spunti spettacolari aveva anche un altro genere di supplizio, che potremmo considerare una forma elaborata di vivicombustione, quello he con le parole di Marziale chiamiamo tunica molesta. Ai condannati venivano fatti indossare tuniche sontuose e mantelli purpurei, forse imbevute di sostanze infiammabili. Una volta iniziate le danze esse venivano infiammate e gli spettatori vedevano così mutarsi in drammatiche contorsioni i movimenti degli sventurati.

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