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Intensità della volizione del dolo

Ci sono tre diverse categorie:
DOLO INTENZIONALE : è come paralare di un dolo doloso. Quando parliamo di dolo intenzionale facciamo riferimento ad una forma di dolo particolarmente intensa nella quale il soggetto non soltanto si rappresenta e vuole il fatto tipico del reato, ma la realizzazione di questo fatto costituisce proprio l’obiettivo della sua azione. È proprio quello l’obiettivo ultimo che il soggetto vuole raggiungere. Ci sono diversi reati nel codice, ma anche in ambiti diversi da quello del codice che prevedono espressamente questa forma di dolo necessaria per la sussistenza del reato.
Esempio: art.2634: questa norma dice che se gli amministratori deliberano la disposizione di beni del patrimonio sociale in contrasto con l’interesse societario e lo fanno cagionando intenzionalmente un danno patrimoniale alla società, sono puniti. Però non è sufficiente che il soggetto abbia come scopo quello di trarre un vantaggio, ma è anche necessario che sia cagionato un danno patrimoniale alla società, e il legislatore introduce l’avverbio intenzionalmente, non per dire che il fatto è doloso, ma per chiarire che questo reato si può realizzare solo se il soggetto ha come intenzione danneggiare la società di cui è amministratore. Questo vuol dire che se l’amministratore agisce solo perché vuole ottenere un vantaggio e mettendo nel conto che possa derivarne un danno alla società, allora questo reato non è realizzato. Questo atteggiamento psicologico, accettare la possibilità che un fatto si verifichi, prende in nome in diritto penale di dolo eventuale, la forma meno immensa di dolo. Quindi quando il legislatore prevede espressamente la locuzione “intenzionalmente” vuole segnalare che quei reati non sono realizzabili con il semplice dolo eventuale, ma è necessaria una maggiore adesione psicologica del soggetto, quando il soggetto ha come obiettivo della propria azione la realizzazione di quell’evento. Questa categoria ci interessa se il legislatore la ritiene come indispensabile per realizzare il reato.
DOLO DIRETTO : è la forma più diffusa di dolo, perché non necessita di ulteriori precisazioni (tipo l’avverbio intenzionale). È proprio ciò che dice l’art.43, previsione e volizione dell’evento.
DOLO EVENTUALE : è la categoria più discussa.
Esempio: lancio dei sassi dal cavalcavia, colpisco un passante e questo perde la vita. Io e i miei amici dobbiamo rispondere di omicidio doloso oppure no: Abbiamo preveduto e voluto la morte di Tizio che è passato sotto l’autostrada: Non ho preveduto e voluto la morte di chi passava.
Esempio: sono una persona normalmente socievole e avendo rapporti sessuali non protetti ho contratto il virus dell’HIV, lo so e faccio sesso con un’altra persona senza dirglielo, anche questa persona viene contagiata, ma muore. Rispondo di omicidio doloso: Non ho preveduto e voluto la morte di questa persona.
Esempio: io e un’altra persona facciamo una gara cercando di colpire con un colpo di pistola un oggetto fuori dalla finestra, colpisco alla testa una ragazza. È omicidio doloso oppure no: Il delitto è doloso quando il fatto è preveduto e voluto dall’agente. Non ho preveduto e voluto la morte della ragazza.
Ragionando così la morte del dolo eventuale non dovrebbe esistere. Tuttavia molti studiosi e la Corte di Cassazione hanno ritenuto di poter ragionare in maniera diversa. Nell’ultimo esempio se io mi affaccio alla finestra e vedo che il cortile è popolato da persone che passeggiano e so che se sparo potrei sbagliare e colpire qualcuno, se nonostante questo agisco lo stesso allora vuol dire che mi sono fatto carico di questa possibilità, quindi se poi l’evento si verifica, non posso dire che non volevo, perché se non avessi voluto non avrei sparato. Perciò se mi sono rappresentato l’evento come possibile e nonostante questo ho agito, la Cassazione sostiene che ho accettato il rischio, che significa che ho approvato l’evento, l’ho voluto. C’è un problema con questa formula, che se presa così finisce per estendere troppo il concetto di dolo, il rischio è un concetto ambiguo, che può avere 1000 significati. Ci sono rischi anche molto remoti, e nonostante questo prendiamo le decisioni tutti i giorni. Se un soggetto si rappresenta un rischio remotissimo e nonostante questo agisce, e il fatto si realizza, spesso l’esperienza dice che non l’ha voluto. Per capire davvero in cosa consiste il dolo eventuale non bisogna fare tanto riferimento all’accettazione del rischio, perché questa formula corre il rischio di condurre ad un rimprovero del soggetto che non corrisponde a ciò che realmente voleva, ma bisogna ricorrere alla formula dell’”agire costi quel che costi”. Se il soggetto ha agito indipendentemente dalle conseguenze allora l’evento viene considerato come voluto, ma se non ha ragionato così, perché il rischio l’ha escluso, allora della morte si risponde a titolo di colpa.

Tratto da DIRITTO PENALE COMMERCIALE di Valentina Minerva
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