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Io trascendentale e unità dello spirito in Gentile



Il pensato in quanto finito, è un momento che viene continuamente superato nell’atto del pensare. Il soggetto del pensiero e della conoscenza non è l’io empirico, che è un dato quindi è un pensato, ma l’io trascendentale: esso è unico e unificatore, e non va concepito come un essere o uno stato, ma un processo costruttivo. Per esso niente è già fatto ma tutto è da fare. Propriamente allora non si può dire che lo spirito o l’io trascendentale è, in quanto non è una sostanza e non è pensato. Esso dunque non è riducibile a dato e per questo motivo Gentile può parlare di unità dello spirito o dell’Io trascendentale, in contrapposizione alla molteplicità degli io empirici e delle cose. Alla base di questa concezione vi è una dottrina secondo la quale conoscere è identificare, superare l’alterità come tale: nel momento in cui qualcosa è conosciuta essa non può esistere fuori ed essere altro dall’Io trascendentale, così da far tutt’uno con esso.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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