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L'estetica del Vasari

L'estetica del Vasari


Il suo giudizio cambia a seconda che si tratti di artisti anteriori o contemporanei, di toscani o forestieri, di colleghi la cui opera era affine od opposta alla sua. Il problema è che se parla di problemi generali, attinge al sistema della vecchia retorica, rendendo difficile la dimostrazione dei suoi principi direttivi perchè parte sempre da casi speciali e quello che cita di teorie generali ha per lui un valore universale solo in apparenza. È contraddittorio: è capace, in certi casi, di appoggiarsi su una opinione assolutamente opposta. È artista: non gli viene in mente di edificare un “sistema” nel senso di Winckelmann; adopera i principi generali ma li adatta a seconda del momento.
Riassumendo diremo che analizzando le opinioni artistiche del Vasari bisogna sempre badare al complesso delle sue osservazioni. Il suo giudizio individuale, spesso acuto e molto ben espresso, è molto più importante di tutti gli argomenti a priori che fa passare come direttive della sua critica. Premesso tutto questo possiamo tentare di definire, in un senso molto limitato, l'estetica del Vasari.
Vasari ha come categorie supreme due vecchie eredità: il disegno e l'invenzione,il padre e la madre di tutte le arti. In queste due categorie troviamo il fatale dualismo tra forma e contenuto: l'invenzione riguarda principalmente la materia, l'idea del quadro, cioè il contenuto; il disegno corrisponde alla forma. Vasari stesso nota questo dualismo. Parlando delle invenzioni del Lippo, ad esempio, esse gli sembrano tanto felici quanto il suo disegno infelice. In cosa consiste l'alto valore del disegno? Il Vasari non ne dà nessuna definizione esauriente, oscillando continuamente tra princìpi naturalistici e principi della stilizzazione. È il solito vecchio nodo che pone l'essenza della pittura nell'imitazione della natura senza tuttavia riuscire mai a saziarsene. Nella vita di Masaccio, la pittura viene definita incidentalmente come un contraffar tutte le cose della natura viva. Nella stessa vita entra l'espressione caratteristica: bucare il muro. L'arte spaziale di Masaccio sfonda il muro per l'osservatore e diventa, come si dirà dopo, illusionismo. Accanto a queste tendenze naturalistiche però si trovano concetti molto differenti, che indicano un compromesso più o meno forzato, che non vogliono impadronirsi del reale ma non vogliono nemmeno estrometterlo, tendendo invece a cambiarlo. Sono concetti classico – idealistici che affondano, parimenti ai primi, nell'antichità. Per esempio il concetto del principio di selezione, la scelta delle più belle parti di modelli diversi. Un principio già presente in Cicerone, poi confutato energicamente dal Bernini e di cui si serve spesso Vasari, nella vita di Giotto e specialmente nella Vita di Mantegna. Qui si mostra uno dei pensieri preferiti del classicismo, poi seguito anche da Schiller: l'arte antica è da preferire al naturale, al modello vivo, perchè nell'arte antica la selezione è stata già fatta.
Il pensiero del bello è presente in Vasari ma non è ancora predominante. L'arte bella non ha ancora il senso che acquisirà in futuro e quando indica la “graziosa bellezza” come principio più alto dell'architettura, è soltanto una circonlocuzione dell'antica eurythmia di Vitruvio.
Vasari apprezza molto l'espressione e la caratteristica:gli apprezzamenti sulla Cappella Sistina partono quasi tutti da questo. Di Giottino dice che l'espressione delle sue figure è molto forte senza mettere in pericolo la bellezza.
Tocca anche il problema del brutto, specie nella Vita di Piero da Cosimo, in rapporto al suo carro della morte.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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