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L'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in tema di monopoli previdenziali


La Corte di giustizia ha avuto occasione di affrontare per la prima volta in modo diretto la questione dell'applicabilità del diritto comunitario della concorrenza a organismi espressamente deputati dalla legge nazionale allo svolgimento di funzioni di solidarietà sociale, nelle cause riunite Poucet e Pistre (fino al più recente caso INAIL).
In quella prima occasione, la Corte tracciò le linee fondamentali dell'operazione concettuale di definizione della solidarietà come eccezione o deroga, rigorosamente circoscritta e limitata, all'applicazione delle regole di concorrenza.
La Corte congegnò, al riguardo, una griglia qualificatoria articolata su tre "indici" di solidarietà sociale, quale principio contrapposto a quello della libera concorrenza e perciò sottratto alla raggio di applicazione degli artt. 81 e ss. Trattato CE.
Gli indici considerati erano quelli della solidarietà:
- distributiva, che si realizza con un trasferimento verticale di risorse tra soggetti più e meno abbienti appartenenti alla medesima categoria assicurata ovvero a classi di rischio diverse;
- finanziaria, che si instaura orizzontalmente tra fonti o regimi rispettivamente deficitari ed eccedentari;
- intergenerazionale, che si qualifica per essere attuata nel tempo mediante l'utilizzo del metodo gestionale della ripartizione, definito in contrapposizione a quello della capitalizzazione.
Nella sentenza Poucet e Pistre, la Corte ravvisò la ricorrenza di tutti e tre gli indici, ritenendo nella sostanza di poterli utilizzare sullo stesso piano al fine di escludere la ricorrenza di una attività economica e quindi di un'impresa.
La Corte dette peraltro l'impressione di assegnare una qualche prevalenza all'indice della solidarietà distributiva.
Il diverso contesto della successiva causa (Coreva), nella quale si affacciavano per la prima volta sulla scena enti gestori di forme integrative di previdenza facoltativa, andrebbe tuttavia suggerito alla Corte un aggiustamento non secondario del metodo di ponderazione degli indici di solidarietà già utilizzati in Poucet e Pistre.
In questo caso, riconoscendo rilievo decisivo alla circostanza che il regime previdenziale in discussione era gestito a capitalizzazione, la Corte a segno un peso preponderante all'indice della solidarietà intergenerazionale, per affermare, nella concreta assenza dello stesso, la natura economica dell'attività svolta dall'ente previdenziale, con conseguente suo assoggettamento integrale alle norme in materia di concorrenza.
Nella stessa prospettiva, agli indici della solidarietà distributiva e finanziaria viene, invece, assegnato un peso minore.
Questo diverso assetto della ponderazione degli indici di solidarietà emerge con particolare chiarezza in un'altra importante pronuncia dei giudici di Lussemburgo (Albany).
La situazione era complicata dalla determinante presenza della fonte per eccellenza autonoma del diritto del lavoro, il contratto collettivo, e dal ruolo decisivo giocato dalle parti sociali nella istituzione e nella determinazione della concreta struttura dei fondi pensione oggetto della controversia.
È in particolare l'avvocato generale Jacobs a chiarire il motivo della prevalenza assegnata all'indice della solidarietà intergenerazionale nell'ambito del relativo giudizio.
Egli ha ribadito che il test di imprenditorialità, di rilievo preliminare nel giudizio ai sensi degli artt. 81 e ss. Trattato CE, è rivolto ad accertare se, per una data attività, esista un mercato attuale o potenziale e, quindi, anche solo la possibilità che, almeno in linea di principio, un soggetto privato intraprenda l'attività medesima al fine di ricavarne un profitto.
Orbene, soltanto nel caso in cui l'attività in questione sia caratterizzata dalla adozione del metodo della ripartizione non esisterebbe alcuna "possibilità che imprese private possono offrire sul mercato un regime pensionistico basato sul principio della ripartizione senza un intervento statale"; ciò perché "nessuno sarebbe disposto pagare le pensioni di altri senza la garanzia che la generazione successiva faccia lo stesso".
Ai fini del preliminare test di concorrenza/imprenditorialità, gli altri indici non assumono, per l'avvocato generale, la stessa rilevanza.
La loro eventuale presenza non appare, in altri termini, logicamente incompatibile con la possibilità che l'attività considerata venga svolta in regime di mercato.
Questi indici assumono senza dubbio rilievo e possono eventualmente anche portare alla giustificazione di una deroga alle regole di concorrenza, ove l'applicazione di tali norme osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione affidata all'ente; ma ciò, per l'appunto, solo nei più rigorosi limiti fissati dall'art. 862 Trattato CE.
La Corte ha ritenuto di dover qualificare come impresa il fondo pensione olandese oggetto del giudizio, considerando decisiva la circostanza che "è lo stesso fondo pensione di categoria a stabilire l'ammontare dei contributi e delle prestazioni e che esso funziona in base al principio della capitalizzazione".
Non rileva, dunque, a tal fine, il fatto che le prestazioni erogate dal fondo costituiscano, per i lavoratori della categoria, nell'ambito del complessivo sistema di sicurezza sociale vigente in Olanda, un complemento pressoché indispensabile della pensione pubblica di base.
Né rileva il fatto che si realizzi un significativo grado di solidarietà distributiva, derivante, tra l'altro, dalla mancanza di equivalenza a titolo individuale tra contributi versati e prestazioni ricevute.
Né, infine, conta il fatto che il fondo non persegua scopi di lucro e del che sia soggetto a penetranti controlli pubblici.
Discostandosi sul punto dalle problematiche conclusioni dell'avvocato generale Jacobs, che aveva comunque indicato nel giudice nazionale l'unico soggetto in grado di poter disporre di dati sufficienti e di elementi adeguati per decidere dell'applicabilità della deroga ex art. 862 Trattato CE, la Corte di giustizia ha, infatti, proceduto direttamente ad una siffatta operazione, ritenendo giustificato il monopolio attribuito al fondo.

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