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L’idea di progresso nella civiltà


L’evoluzione delle prime culture è poco contestabile infatti attraverso dei dati riscontrabili sappiamo che l’Europa è stata abitata da diverse specie del genere Homo che si servivano di utensili di selce tagliati grossolanamente; che a queste ne sono succedute altre in cui il taglio della pietra si perfeziona; che ceramica, agricoltura, allevamento e tessitura compaiono associate alla metallurgia. Queste forme compiono un’evoluzione, un progresso.
Ma non è facile ordinare i progressi in una serie regolare e continua perché il susseguirsi delle varie età non riguarda tutta la civiltà.
Ad esempio fino a qualche anno fa si pensava che il paleolitico fosse diviso in tre tappe (inferiore, medio, superiore) progressive, ma oggi si ammette che queste in realtà sono coesistite.
Tutto ciò che vale per le culture vale anche per le razze; in Europa l’uomo di Neanderthal non ha preceduto l’Homo sapiens, ma gli è stato contemporaneo.
Tutto questo non nega un progresso, ma ci fa comprendere che il progresso non è né necessario né continuo, procede a salti, a balzi che non vanno sempre nella stessa direzione e solo di tanto in tanto la storia è cumulativa. La storia cumulativa non è privilegio di una civiltà infatti l’America vede arrivare l’uomo intorno al ventesimo millennio, m ai 25.000 anni realizza un esempio straordinario di storia cumulativa. Ad esempio al patata, la gomma, il tabacco e la coca sono i quattro pilastri della cultura occidentale; non mancano altri esempi di civiltà come l’uso dello zero conosciuto dai Maya almeno mezzo millennio prima del suo arrivo in Europa; il regime politico degli Incas aveva anticipato di molti secoli quelli europei.

Tratto da RAZZA E STORIA. RAZZA E CULTURA di Anna Carla Russo
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