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L'evoluzione della letteratura artistica nel '500


Sono anni intellettualmente inquieti, tra Rinascimento e Controriforma. Qui comincia a profilarsi una letteratura artistica diversa, che sembra aderire al programma generale della Controriforma. Pensiamo a Giovanni Andrea Gilio, e agli scritti, ispirati ad un rigido moralismo e dogmatismo, di teologi come il Molano, o di cardinali come Carlo Borromeo e il cugino Federico Borromeo.  A volte poi sono gli stessi artisti ad intervenire in prima persona: è il caso del pittore e architetto Pietro da Cortona, che però si limita a fare da consulente per il Trattato del teologo gesuita Giovanni Domenico Ottonelli e dello scultore e architetto Bartolomeo Ammannati, amante del manierismo, che nella Lettera del 1582, indirizzata agli accademici fiorentini, compie una clamorosa palinodia per i nudi realizzati negli anni passati (pensiamo al Nettuno di piazza della Signoria, a Firenze, detto Il biancone), spinto dalle pressanti istanze religiose e moralistiche tridentine. La propaganda di un'arte che fosse “honesta” e “devota” si fonda su un decreto del Concilio di Trento, ma non mancava chi andasse controcorrente, come Caravaggio e i Carracci. Spiace che del Caravaggio non ci sia un corrispettivo critico nelle opere coeve, a differenze dei Carracci. Il fatto è che ad alimentare gli interessi valutativi e il dibattito secenteschi erano la pittura fiamminga coeva (Rubens, van Dyck) e, per conseguenza, quella veneta cinquecentesca del Tintoretto e del Tiziano; era l'antitesi tra poussinismo e rubensismo, fortissima sia in Italia sia in Francia.A Roma, il circolo a capo del biografo Giovanni Pietro Bellori (il Vasari del Seicento) e del pittore Carlo Maratta, trova in Nicolas Poussin il proprio punto di riferimento e parametro artistico, e in Raffaello e Annibale Carracci i suoi predecessori ideali.  A questo versante dell'esaltazione classicistica fa opposizione il cosiddetto “partito lombardo” del veneziano Marco Boschini e del bolognese Carlo Cesare Malvasia che esaltano, anche se non nell'ambito di scritti propramente teorici, i valori puramente pittorici  del tocco, della bravura, della cromia, del tono e della felicità inventiva.
I due “partiti” finiscono per unirsi nella comune “condanna” della pittura caravaggesca.

Francia

Qui l'aspirazione al bello ideale incontra qualche voce fuori dal coro, pesantemente zittita dalla dittatura estetica di Charles Le Brun, direttore dell'Accademia di pittura e scultura. Le voci stonate sono quelle, ironia, di due importanti amici di Malvasia: Pierre Cureau de La Chambre e Roger de Piles. Il primo era un membro influente dell'Accademia di Letteratura e unico vero estimatore francese della scultura del Bernini; il secondo era un celebre conoscitore ed estimatore della pittura fiamminga e veneta che finirà per sostituire Le Brun alla direzione dell'Accademia di pittura e scultura, contribuendo allo sdoganamento di quei valori estetici virtuosistici ed anticlassici etichettati come rubensisti.



Tratto da STORIA E CRITICA DELL'ARTE di Gherardo Fabretti
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