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L'influenza dei musei a Roma

L'influenza dei musei a Roma

Nell’800 i musei divengono luoghi avvolgenti dedicati al piacere estetico, affinità tra gli spazi museali e interni domestici alto borghesi ( pareti rosse, penombre suggestive e al centro delle sale i divani che invitavano a sostare in raccoglimento ). Il pubblico è allargato, i visitatori non sono solo gli esperti. Nel 700, nella fase nascente dell’istituzione il museo ha una missione didattica, è il luogo di formazione per intellettuali, eruditi e artisti, un pubblico che osservava le opere come oggetti di studio. Non c’erano parati rossi alle pareti dei primi musei, anzi si voleva il massimo effetto luminoso nelle sale. Le grandi imprese museali romane furono due: il Museo Capitolino inaugurato nel 1734 e il Pio Clementino nel 1771.; entrambe i musei costituirono. Accanto a una promozione internazionale dello Stato, anche una risposta innovativa e coraggiosa da parte dei pontefici, all’incontenibile aggressione del mercato antiquario che aveva eletto Roma da secoli principale serbatoio di materie prime. Il Museo Capitolino fu aperto al pubblico in seguito all'acquisizione della collezione di statue e ritratti del cardinale Albani ad opera del papa Clemente XII Corsini, che lo inaugurò nel 1734. Il pontefice incaricò il marchese Capponi per la realizzazione del museo di statue negli ambienti del Palazzo nuovo del Campidoglio. Roma d’altra parte, sempre su sollecitazione dei pontefici, divenne nel corso del secolo un’importante laboratorio per la messa a punto della teoria di opera d’arte come di un bene pubblico, definizione a cui concorsero tra i primi del Settecento e i primi dell’Ottocento, tre importanti editti per la tutela del patrimonio e la sua inalienabilità; l’ultimo di questi, l’editto Doria Paphili del 1802, redatto dall’antiquario Carlo Fea, fissa l’arte come bene pubblico in quanto motore di diffusione culturale, fondamento per processi identitari, strumento primario per la formazione degli artisti e perfino motore di proficui sviluppi economici Il catalogo del museo fu progettato in 4 volumi, editi tra il 1741 e il 1782, da Bottari che redasse solo i primi 3, l’ultimo fu portato a termine da Foggini. La struttura del catalogo mette in luce la suddivisione tematica propria del museo. Nella prima parte le immagini accompagnate da didascalie e nella seconda i testi relativi alle opere illustrate. Il catalogo aveva sancito l’utilità delle immagini di arricchire le fonti letterarie, ma non ci si sofferma mai sulla materia dell’opera, sulle sue misure, sullo stato di conservazione, su eventuali restauri, sulla provenienza dei reperti, ecc. L’obbiettivo sia del catalogo che del curatore è lo studio della storia. Capponi si ispirò a Maffei (che aveva realizzato a Verona il Lapidario nel 1716) per l’ordine cronologico-geografico delle sale.il volano dell’organizzazione espositiva dei primi musei “scientifici” risiedeva nell’applicazione del metodo storico Una storia dell’arte parlante vollero essere sia il museo Capitolino che il successivo Pio-Clementino. Tuttavia i due musei avevano connotati molto diversi.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Alessia Muliere
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