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L'obiezione di coscienza


Perché il rifiuto di eseguire la prestazione possa essere inquadrato nell’alveo dell’obiezione di coscienza occorre in particolare che esso sia pubblico, individuale, personale e che abbia per oggetto un obbligo di fare.
Il carattere personale dell’obiezione sta ad indicare la sfera giuridica all’interno della quale ricadono gli effetti immediati dell’obiezione stessa: il dilemma che l’obiettore vive in coscienza non può infatti risolversi nella pretesa di adeguare la sfera giuridica di terzi ai propri convincimenti.
Per tale motivo non si può legittimare l’obiezione di coscienza alle emotrasfusioni dell’esercente la potestà parentale per conto del minore.
Per quanto riguarda, infine, la prestazione di fare, va sottolineato che la condotta obiettante non può che essere astensiva, e mai commissiva.
La normativa vigente legittima espressamente solo alcune ipotesi di obiezione di coscienza.
Al di fuori di queste esplicite previsioni normative, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono pertanto che il rifiuto di eseguire la prestazione addotto sulla base della volontà di seguire i propri precetti religiosi debba essere considerato illegittimo.
Tra le previsioni normative richiamate, occorre in primo luogo sottolineare il diritto di obiezione garantito al personale medico, paramedico e ricercatore per quanto riguarda le pratiche di interruzione della gravidanza (art. 9 l. 194/78).
I cittadini che per obbedienza alla coscienza si oppongono alla violenza su tutti gli esseri viventi, possono inoltre dichiarare la propria obiezione di coscienza ad ogni atto connesso con la sperimentazione animale (l. 413/93).
Vi sono poi alcune forme di obiezione temporanea e assoluta, che vengono garantite in particolare dalla l. 101/89, di approvazione dell’Intesa con le Comunità Israelitiche Italiane, che riconosce agli ebrei il diritto di osservare il riposo sabbatico secondo le loro usanze.
Secondo la l. 40/2004, il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, disciplinate da tale legge, quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione.
Si è prospettata una netta distinzione tra “libertà di coscienza”, intesa come libertà di assumere qualunque atteggiamento interiore di fronte al problema dell’essere e dell’esistere, e “libertà di vivere secondo coscienza”, intesa come libertà di conformare la propria esistenza ai precetti religiosi, etici, politici, sociali che discendano dalla propria fede religiosa o dalla propria ideologia.
Pertanto, mentre alla libertà di coscienza dovrebbe essere riconosciuto il carattere di diritto costituzionalmente garantito, la “libertà di vivere secondo coscienza” non sarebbe immediatamente configurabile quale posizione giuridica soggettiva, in mancanza di uno specifico intervento legislativo.
Così si avrebbe il diritto di rifiutare per motivi di coscienza la prestazione giuridicamente imposta solo qualora il legislatore ordinario abbia espressamente previsto tale diritto.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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