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L'opera "Le origini del totalitarismo"


La Arendt ne “Le origini del Totalitarismo” sostiene che la caratteristica saliente del totalitarismo è non tanto una concezione filosofica, quanto l’esistenza di campi di concentramento. Nessun governo totalitario, infatti, può sussistere senza terrore, e il terrore non può essere edificato e mantenuto senza tali campi, nei quali gli individui sono ridotti a entità superflue. Per questo aspetto, esistono, secondo la Arendt, profonde analogie tra nazismo (totalitarismo di destra) e stalinismo (totalitarismo di sinistra).
L’opera “le origini del totalitarismo” è apparsa in un periodo politico-culturale piuttosto particolare: il periodo della guerra fredda.
L’opera individua le premesse del totalitarismo nell’antisemitismo* (studiato nel periodo fra ‘800 e ‘900, specialmente in Francia con l’“affare Dreyfus”) e nell’imperialismo*. Dal confluire delle conseguenze dell’antisemitismo e dell’imperialismo in un preciso momento storico (la crisi successiva alla prima guerra mondiale) è nato il totalitarismo, con caratteri comuni sia nella Germania nazista sia nell’Unione sovietica stalinista.
Il totalitarismo è un fenomeno essenzialmente diverso da altre forme conosciute di oppressione politica come il dispotismo, la tirannide e la dittatura. Dovunque è giunto al potere, esso ha creato istituzioni assolutamente nuove e distrutto tutte le tradizioni sociali, giuridiche e politiche del paese. A prescindere dalla specifica matrice nazionale e dalla particolare fonte ideologica, ha trasformato le classi in masse, sostituito il sistema dei partiti non col la dittatura del partito unico, ma con un movimento di massa, trasferito il centro del potere dall’esercito alla polizia e perseguito una politica estera apertamente diretta al dominio del mondo.

Tratto da LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO di Antonino Cascione
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