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L’assolutismo illuminato del 1700 in Prussia e in Austria


La potenza prussiana: con Federico II (1740-86) la Prussia consolidava il suo ruolo di grande potenza. A definire questo ruolo avevano concorso la frantumazione delle realtà politiche della Germania e l’assenza di concorrenti tedeschi in grado di competere con le grandi monarchie europee; il rapporto tra la dinastia Hoenzollern e la formazione sociale prussiana, nominata dal potere feudale degli Junker, che, in cambio del riconoscimento statale del loro regime su uomini, terre, città, avevano garantito ai sovrani fedeltà ed erano entrati nei ranghi dell’amministrazione militare e civile; la necessità di costruire unno stato forte sul piano militare è capace di difendersi dalla maggiore minaccia straniera, la Svezia, e di resistere alla sua espansione nell’area baltica e centroeuropea. La formazione della potenza prussiana fu avvantaggiata sia dall’assetto interno della Germania sia dalla politica internazionale. L’assetto interno della Germania aveva visto emergere sin dal 500 3 costruzioni statali particolarmente significative nella parte orientale del territorio: la Baviera, la Sassonia, il Brandeburgo- Prussia. Nella parte occidentale del paese la forza della chiesa e la densità delle città avevano reso difficile la nascita dell’assolutismo.
furono gli sviluppi della congiuntura politica internazionale ad avvantaggiare la Prussia. Dapprima lo scacco subito dagli Asburgo durante la guerra dei 30anni bloccò il sogno imperiale di espansione in Germania e indusse i sovrani austriaci ad attestarsi sui confini tedeschi. Poi l’ascesa della potenza svedese impegnò tutte le forze degli Hoenzollern nella costruzione di un potente stato militare. La consapevolezza e la logica dell’equilibrio indussero le grandi potenze a riconoscere il peso militare dello stato prussiano che, schierato in uno dei blocchi contrapposti avrebbe potuto sconvolgere tutti gli assetti faticosamente costruiti. Nel 1748, con la pace di Aquisgrana Federico II ottenne il riconoscimento dell’annessione della Slesia, sottratta all’Austria. Tra il 1756 e il 1763 la Prussia fu impegnata nella guerra dei 7 anni. L’impegno di energie finanziarie e militari fu enorme: ma Federico II riuscì a farsi riconoscere lo status quo territoriale. Con la prima spartizione della Polonia fu annessa la Prussia occidentale. Alla morte di Federico II la superficie dello stato prussiano era raddoppiata rispetto al 1740 e la popolazione quasi triplicata. Nella politica interna il punto di forza di Federico II fu la capacità di introdurre alcuni principi di riforma dello stato senza intaccare le fondamenta della formazione sociale del paese. Il modello dell’assolutismo illuminato, cioè di una monarchia assoluta che promuove riforme per rafforzare l’unità e la centralizzazione del potere politico, trovò nella Prussia di Federico II un luogo di efficace applicazione. Egli aveva ereditato il militarismo e il rigido calvinismo del padre Federico Guglielmo I ma aveva dimostrato sensibilità per la filosofia, letteratura, arte e per i valori laici della cultura illuministica. Favorì la libertà di stampa, rese obbligatoria l’istruzione elementare. Inoltre l’intervento riformatore di Federico II si attuò nel campo dell’amministrazione e della giustizia. Federico II abolì la tortura, limitò la pena di morte e affidò al giurista Cocceji il progetto per la riforma dei codici. Inoltre intervenne nell’economia favorendo programmi pubblici in campo agricolo e industriale. Ma le basi della società prussiana rimasero immutate e persisteva la servitù della gleba.

L’Austria di Maria Teresa e Giuseppe II: risolto il problema della successione, l’ascesa al trono della figlia di Carlo VI, Maria Teresa d’Asburgo (1740-80) aprì una fase di riforme anche per l’Austria. L’intero apparato di governo fu rinnovato, furono unificate le cancellerie d’Austria e di Boemia e le rispettive corti di appello. L’aristocrazia e il clero dovettero contribuire in misura maggiore al carico fiscale. Maria Teresa fondò collegi per l’educazione e la formazione del personale statale. Ma le riforme teresiane furono superate in quantità e qualità da quelle del figlio dell’imperatrice Giuseppe II. Egli alla morte del padre Francesco Stefano (1765) gli successe nel titolo imperiale e fu nominato coreggente degli stati ereditari asburgici. Dal 1780 al 1790 regnò sul trono che era stato di Maria Teresa. Intervenne in materia religiosa: soppresse proprietà ecclesiastiche, trasformò le università in istituzioni statali. Lo stato si fece carico dell’istruzione di base, che fu resa obbligatoria e laicizzata. La pubblica amministrazione fu resa più professionale: le sue gerarchie furono organizzate in base al merito e aperte a nuovi ceti sociali. Anche La giustizia fu investita dalla politica riformatrice dell’imperatore: fu introdotto il nuovo codice penale. I decreti più rivoluzionari furono quelli che abolirono la servitù della gleba e quelli che riguardarono la certezza del piccolo possesso contadino. Giuseppe II interveniva sulle basi materiali della società e quindi suscitò forti opposizioni. Le norme che uniformavano la ripartizione del prodotto agricolo colpivano direttamente gli interessi della nobiltà fondiaria. Ci fu come reazione l’ostruzionismo del ceto nobiliare. Il successore Leopoldo II fu costretto a ripristinare il potere della nobiltà.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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