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L’impugnazione del licenziamento e il termine di decadenza: l'onere della prova


La l. 604/66, onde evitare qualsiasi dubbio in merito alla determinazione della parte sulla quale incombe l’onere della prova, ha espressamente previsto che “la prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo del licenziamento spetta al datore di lavoro”.
La l. 604/66 disciplina, poi, l’impugnazione del licenziamento illegittimo da parte del lavoratore.
La legge, prevede che l’impugnazione stessa possa avvenire anche stragiudizialmente, cioè a mezzo di una semplice comunicazione scritta fatta pervenire al datore di lavoro ad anche attraverso l’intervento del sindacato, entro un termine a pena di decadenza di 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, ovvero dei motivi dello stesso, se successiva.
Secondo i principi generali, la fissazione di un termine di decadenza dovrebbe indurre a ritenere che essa non possa riguardare le ipotesi in cui il licenziamento è espressamente dichiarato dalle legge nullo o inefficace, ma soltanto quelle del licenziamento annullabile perché privo di giusta causa o giustificato motivo.
Tuttavia nella giurisprudenza, anche per comprensibili esigenze di certezza, prevale l’interpretazione secondo cui il termine in questione è applicabile oltre che al licenziamento annullabile, anche al licenziamento nullo in quanto discriminatorio o comunque ritorsivo; invece se ne esclude l’applicabilità nei casi di licenziamento nullo per causa di matrimonio o perché comminato ad una lavoratrice madre, nonché nel caso di licenziamento inefficace per difetto di forma scritta.

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