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L’invecchiamento dei ricercatori


La nostra demografia è negativa, con forti immigrazioni e scarso ricambio generazionale; abnorme presenza di vecchi e figli unici, con gli attuali lavoratori che sostengono l’onere dell’intera collettività.
Nel caso specifico dei ricercatori, i problemi sono 2: la struttura dei costi della R&S, in quanto un ricercatore senior costa 2 volte uno junior, quindi vi è un costo totale più elevato (con un senior che va in pensione si potrebbero assumere 2 junior); il legame tra età e produttività scientifica, in quanto la maggiore produttività è fornita nel periodo di età tra i 30 e i 40 anni, così come l’impegno, le motivazioni, gli atteggiamenti “giovanili” di assunzione del rischio, con decremento di qualità e quantità della ricerca.
Negli enti pubblici di ricerca e nelle università l’età media è aumentata a circa 50 anni, con professori ordinari di 58 anni e associati di 52. Tuttavia questi dati comprendono solo i lavoratori in pianta stabile, e non tutti i vari collaboratori che operano nei laboratori come borsisti, assegnisti, contrattisti, dottorandi; quindi i ricercatori in realtà sono mediamente più giovani di quanto appare dalle statistiche (pur rimanendo la problematica spaccatura tra senior, a tempo indeterminato, e junior, precari, che comporta l’allontanamento dei giovani più promettenti).

Tratto da TECNOLOGIA, PRODUZIONE E INNOVAZIONE di Moreno Marcucci
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