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La celebrazione e la validità del matrimonio


La celebrazione del matrimonio in quanto atti di natura religiosa è del tutto irrilevante per lo Stato.
“Subito dopo la celebrazione, il parroco o il suo delegato spiegherà ai contraenti gli effetti civili del matrimonio dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e doveri dei coniugi, e redigerà, in doppio originale, l’atto di matrimonio, nel quale potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile” (scelta del regime di separazione dei beni e di riconoscimenti e/o legittimazione di figli naturali).
Entro 5 giorni dalla celebrazione, il parroco trasmetterà all’ufficiale di stato civile un originale dell’atto di matrimonio, accompagnato dal nullaosta previamente rilasciato agli sposi dallo stesso ufficiale, il quale provvederà, entro le 24 ore successive, alla trascrizione negli appositi spazi dei registri di matrimonio.
Il parroco, quando compie gli adempimenti previsti dalla legge italiana, pone in essere un’attività che produce effetti giuridici nell’ordinamento civile.
Per questi motivi egli è considerato pubblico ufficiale, in quanto, nella veste di organo indiretto della pubblica amministrazione, esercita un potere di certificazione, e risponderà civilmente e penalmente nei casi di omissione e di cattivo adempimento delle funzioni prescritte dalla legge.
Quanto alle forme speciali di celebrazione del matrimonio previste dal diritto canonico, la dottrina ritiene di escludere il riconoscimento del matrimonio celebrato alla presenza dei soli testimoni e del matrimonio segreto o di coscienza.
Infine, per quanto concerne la trascrizione in Italia del matrimonio canonico celebrato all’estero, una circolare del Ministero di Grazia e Giustizia del 1986 distingue due ipotesi:
essa è ammissibile quanto nel Paese straniero il matrimonio canonico non abbia effetti civili;
il matrimonio canonico sarà riconosciuto in Italia come matrimonio civile celebrato all’estero secondo le norme di diritto internazionale privato, quando tali effetti si siano già prodotti nell’ordinamento straniero in conseguenza della sua legislazione.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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