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La certificazione dei contratti di lavoro

La certificazione è uno strumento finalizzato all'identificazione degli effetti del contratto ed alla qualificazione a stregua delle c.d. tipologie di rapporto previste: le parti hanno l'onere di indicare sull'istanza quali effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali intendono far accertare. Gli effetti della certificazione permangono non solo tra le parti, ma anche verso terzi (istituti previdenziali, autorità pubbliche in genere ecc.). 
Vi è poi l'individuazione degli organi competenti alla certificazione dei contratti di lavoro: commissioni istituite presso Direzioni provinciali del lavoro, Università, Province, Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, enti bilaterali (organismi costituiti grazie ad una o più associazioni dei prestatori di lavoro, soggetti quindi creati dall'autonomia collettiva). 
Le commissioni di certificazione svolgono, poi, un ruolo di consulenza ed assistenza delle parti, sia in fase di attuazione del rapporto di lavoro, sia in fase di stipulazione, per la determinazione di obblighi e diritti futuri tra le parti. Il Ministro del lavoro ha, inoltre, il compito di stabilire con proprio decreto “codici di buone pratiche” per individuare quali siano clausole indisponibili inerenti trattamenti economici e normativi da accertare in face di certificazione. 
Per contestare la certificazione occorre un ricorso al giudice del lavoro, dopo aver esperito tra l'altro un tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi alla stessa commissione di certificazione. L'atto di certificazione può, inoltre, essere impugnato per violazione procedurale o per eccesso di potere dei soggetti legittimati al ricorso ordinario. 

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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