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La comunicazione ai mercati finanziari (dalle asimmetrie informative alla pecking order theory)


Le decisioni finanziarie dell’impresa (ricorso al capitale di debito, aumenti di capitale sociale, riacquisto di azioni proprie, politiche di distribuzione dei dividendi, etc) costituiscono dei segnali fondamentali per il mercato dei capitali, il quale ritiene che chi opera in azienda abbia migliori e più tempestive informazioni sullo stato di salute dell’impresa e sull’attrattività degli investimenti da finanziare. Dunque a causa delle asimmetrie informative si genera una situazione di reciproca diffidenza:
I manager sono incentivati a vendere la loro imprese –ossia a emettere titoli azionari- quando ritengono che il loro prezzo di vendita sia = o > al valore effettivo (che solo loro conoscono realmente)  della corrispondente quota
Gli investitori anticipano tale maggiore stato di informazione dei manager e percepiscono la decisione di emettere azioni come un segnale negativo sul reale valore dell’impresa e sottoscriveranno l’emissione azionaria solamente con uno sconto sul prezzo di vendita delle azioni.
La conseguenza è che le imprese migliori (o con al più elevata credibilità sui mercati finanziari) preferiranno il ricorso ai debiti finanziari (sempre cmq lontano da rischi del dissesto) che comunicano ai mercati una grande fiducia dell’impresa nell’intensità e nella stabilità dei risultati attesi, in quanto:
I debiti finanziari impongono scadenze improrogabili che solo risultati attesi come cospicui possono assolvere
I debiti finanziari evidenziano  la disponibilità del management di sottoporre i piani di azione e le prospettive di impresa alla costante verifica dei mercati di capitali.
Se gli azionisti attuali si aspettano di creare un certo valore economico, non scelgono di condividerlo allargando la base azionaria e diluendo così la loro partecipazione.
In coerenza con ciò , la pecking order theory afferma che, proprio in ragione delle distorsioni causate dalle asimmetrie informative nell’efficiente impiego del capitale, le imprese soddisfano le loro esigenze finanziarie ricorrendo nell’ordine:
All’autofinanziamento (utili non distribuiti) che permette di non diluire la quota di proprietà, non ha costi di transazione
All’utilizzo della liquidità disponibile e alla realizzazione di titoli negoziabili
A fonti di finanziamento esterne, nell’ordine: debiti a breve –dapprima non garantiti e poi garantiti – e ai debiti a lungo –dapprima garantiti e poi non garantiti.
All’emissione di obbligazioni convertibili
Solo in ultima “ratio”, all’emissione di titoli azionari.
A differenza di quanto sostenuto dalla trade–off theory, non esiste un grado di indebitamento obiettivo da perseguire, in quanto le due componenti del capitale netto: dividendi non distribuiti e l’emissione di azioni si posizionano all’opposto nell’ordine di scelta perseguito. Inoltre i benefici dello scudo fiscale  e i costi del dissesto costituiscono percorsi di secondaria importanza nella strutturazione delle scelte finanziarie.
Dunque imprese caratterizzate da alti redditi, ma con poche opportunità di investimento, ricorrono marginalmente ai debiti finanziari mentre imprese. con ricorse interne inferiori alla necessità di investimento sono altamente indebitate.

Tratto da FINANZA D'IMPRESA di Alessia Chiovaro
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