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La corte costituzionale sul principio di offensività

La Corte Costituzionale ha mostrato una certa adesione alla concezione realistica del reato. => Le affermazioni della Corte sulla necessità che il fatto storico presenti una concreta dimensione di offensività appaiono piuttosto nette.
In equivoca è la Corte quando afferma che “può certo discutersi sulla costituzionalità o meno del principio di offensività: ma che lo stesso principio debba reggere ogni altra interpretazione di norme penali è ormai unanimemente accettato”, e “l’art. 49.2 c.p. non può non giovare all’interprete al fine di determinare in concreto la soglia del penalmente rilevante”. (sent.62/1986).
Inoltre, tutta una serie di pronunce successive conferma l’idea della Corte che tocchi al giudice, sulla base del principio ricavabile dall’art. 49.2 c.p., escludere l’applicazione della norma incriminatrice a quei fatti storici che risultano concretamente inoffensivi del bene tutelato.
Dinanzi a tale orientamento della Corte non si può nascondere una certa sorpresa. Mentre, infatti, si constata qualche riluttanza ad accogliere il p. di offensività per la parte delle sue indicazioni dirette a vincolare le scelte del legislatore concernenti il contenuto di disvalore, non si esita per contro a fare propria la concezione realistica del reato, che grava piuttosto il giudice del compito di verificare in concreto l’offensività del fatto storico.
Inoltre, lo stesso richiamo che fa la Corte alla concezione realistica sembra troppo generalizzato e non sempre appropriato. Infatti, tutte le volte in cui si tratti di fattispecie incriminatrici “necessariamente inoffensive”, cioè di reati di “mero scopo” o di violazioni solo “formali”, come sono spesso quelle affrontate dalla Corte, l’innesto da parte del giudice di un requisito di offensività non verrebbe a sanare una occasionale sfasatura in concreto tra tipicità e offesa, ma finirebbe per trasformare radicalmente in reato di offesa una fattispecie costruita in astratto e una volta per tutte come reato senza offesa.
B_ Il sindacato di costituzionalità sulla “ragionevolezza” delle previsioni incriminatrici si avvale di criteri estremamente duttili. Le scelte di criminalizzazione  effettuate dal legislatore nella fattispecie sono state sindacate sotto il profilo del bilanciamento dei beni in gioco. Es. la sent.126/1985 ha ritenuto che l’art. che puniva il reclamo collettivo da parte di militari “rappresenta un eccesso di tutela della disciplina militare” rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero.
Un secondo parametro è quello dell’adeguatezza del mezzo allo scopo di tutela. Es. la sent.269/1996 ha ritenuto ragionevole la punibilità della cessione gratuita di modiche quantità di droghe leggere in quanto si tratta di fatto “che alimenta e realizza la circolazione della droga ed il suo mercato”.
Infine, terzo parametro è quello dell’intrinseca meritevolezza dell’interesse tutelato. Es. sent.519/1995, con la quale è stato dichiarato incostituzionale il reato di mendicità c.d. non invasiva (art.670.1 c.p.) in quanto la fattispecie “appare costituzionalmente illegittima alla luce del canone di ragionevolezza, non potendosi ritenere in alcun modo necessitato il ricorso alla regola penale”.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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