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La determinatezza o determinabilità dell’oggetto nei contratti


L’art. 1346 c.c. dispone che l’oggetto deve essere determinato o determinabile ed è chiara la sua ratio: se l’oggetto non è determinato o determinabile, il vincolo è generico e contrario all’interesse delle parti.
L’esigenza di determinatezza o determinabilità mira alla delimitazione preventiva ed esatta dell’impegno derivante dal vincolo.
Per meglio comprendere i problemi relativi alla determinatezza è utile un richiamo alla vicenda della fideiussione omnibus.
L’Associazione Bancaria Italiana (ABI) aveva predisposto un modello di fideiussione, cosiddetta omnibus, per cui il fideiussore si obbligava a garantire non solo il pagamento di una somma di denaro prefissata, ma si obbligava a garantire qualsiasi altra obbligazione che il debitore principale (un’impresa) si trovava ad avere verso la banca in relazione ad operazioni consentite all’impresa.
Spesso coloro che presentavano questa fideiussione indeterminata nel suo ammontare non erano consapevoli di assumere un impegno così oneroso.
Secondo alcuni la fideiussione omnibus per tutti i debiti che il debitore avesse assunto con la banca non era carente di un oggetto determinabile, perché il debito del fideiussore era ricavabile in ogni momento in base al debito che aveva assunto il debitore principale nei confronti dell’istituto di credito.
Altre opinioni facevano leva sulla necessità di un controllo del contratto in ordine proprio alla effettiva consapevolezza da parte del fideiussore dell’impegno assunto.
La Corte di Cassazione si è orientata infine in un modo preciso.
Si è ritenuto di non poter affermare la nullità del contratto per l’indeterminabilità dell’oggetto perché la disciplina della fideiussione prevede la possibilità di garantire un debito futuro; da qui l’idea di un controllo sul regolamento da effettuare valutando il comportamento della banca.
Un comportamento scorretto dell’istituto di credito che consenta in modo ingiustificato di aumentare l’esposizione del debitore principale si è ritenuto contrario a buona fede.
Con una precisa conseguenza: l’inefficacia della pattuizione per quanto attiene a tale eccedenza nei confronti dei fideiussore.
Il correttivo indicato dalla Corte di Cassazione è stato utile ma non è stato idoneo a risolvere in radice il fenomeno.
Sicché è dovuta intervenire la legge rendendo maggiormente determinato l’oggetto del contratto di fideiussione, con un’aggiunta di alcune parole all’art. 1938 c.c.: “nel caso di obbligazione futura deve essere indicato l’importo massimo garantito”.
Se questa previsione dell’importo massimo garantito non c’è, l’oggetto non determinabile e quindi il contratto è nullo.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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