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La determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni: federalismo e unità del sistema


Il principale criterio "di governo" del rapporto tra federalismo unità nazionale, espressamente canonizzato nella recente legge costituzionale, è, comunque, quello rappresentato dalla "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale".
Detto compito dello Stato è destinato a rappresentare un valore fondamentale per gli assetti finali del sistema di welfare.
Ma va sottolineato che la "tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali" non è soltanto una competenza esclusiva della legislazione statale.
Essa è, contemporaneamente e aggiuntivamente, un criterio di legittimazione per l'esercizio da parte del governo statale di "poteri sostitutivi" di quelli propri delle regioni.
Ciò puntualizzato, resta, però, il problema, non lieve, della definizione del concetto.
Ed anzi, va preso atto che, proprio per effetto della difficoltà di stabilire che cosa esattamente voglia intendere la nuova disposizione costituzionale per "livello essenziale", non può a priori escludersi il rischio che, nella pratica applicativa, si possa pervenire ad un "appiattimento" del concetto su quello di "sufficienza" di cui all'art. 38 cost.
Che non si tratti di un rischio remoto lo si può ricavare dal fatto "tecnico" che anche la disposizione in esame non può non coordinarsi con la "parte prima" della Costituzione, cioè con la "sede" dei principi.
Ebbene, prendendo a parametro le materie della previdenza e dell'assistenza, non può non darsi atto che detta "parte prima" conosce due ben precisi livelli di protezione sociale: quello della "sufficienza", normalmente correlato agli interventi di natura assistenziale, e quello della "adeguatezza", normalmente correlato agli interventi di natura previdenziale.
Escluso, per ragioni sistematiche di collocazione topografica dell'art. 117 cost., che l’"essenzialità" da esso considerata possa rappresentare un tertium genus, sembrerebbe giusto concludere che detto requisito non possa che rapportarsi al livello della "sufficienza".
E ciò non soltanto ratione materiae, posto che soltanto per l'assistenza sociale, e non anche per la previdenza sociale, giustifica detto intervento statale "di garanzia"; bensì, anche e più sostanzialmente, per il fatto che, come già ricordato, il livello di "adeguatezza" risulta "garantito", per i profili previdenziali, dal concorso delle attribuzioni, rispettivamente, di Stato e regioni nella specifica materia: la previdenza di base alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e della previdenza complementare alla competenza legislativa concorrente.
Appare praticabile, tuttavia, anche un percorso interpretativo diverso, ove si ponga l'accento, da un lato, sul fatto che la clausola in esame propriamente fa sistema con le norme costituzionali di allocazione e riparto di competenze tra Stato e regioni, senza interferire con principi già consolidati, e, da un altro lato, sul fatto che la garanzia da detta clausola configurata riguarda "i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", ma in quanto gli stessi "devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale".
Tanto l'uno che l'altro connotato, a ben considerare, appaiono suggerire che la finalità della disposizione non può essere quella di incidere sui "livelli" di tutela costituzionalmente imposta: quali, cioè, già "cristallizzati".
D'altra parte, l'espresso riferimento di detta garanzia a "tutto il territorio nazionale", proprio per che non può essere considerata una pleonastica ripetizione (i "diritti civili e sociali" riguardano tutti i cittadini e, quindi, inevitabilmente tutto il territorio nazionale), va riconosciuto come espressione di una specifica volontà del legislatore costituzionale: quella di attribuire al legislatore ordinario statale il potere di definire le prestazioni in questione in base a considerazioni di discrezionalità politica, quando a ciò inducano esigenze di "uniformità", come tali da far valere, appunto, "su tutto il territorio nazionale".
In altri termini, ferme la garanzia dei "livelli" considerati dall'art. 38 cost. e la sua "reazione" sui concreti interventi di legislazione ordinaria, appare plausibile ipotizzare che la determinazione in concreto dei "livelli essenziali" resti affidata alla discrezionalità del legislatore statale, quando lo richiedono esigenze di uniformità di trattamento di carattere assolutamente generale.
Se è vero che, come ha già affermato la Corte costituzionale, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali non è una "materia", ma una "competenza trasversale", non potrà non prendersi atto anche del fatto che, perché possa essere raggiunto il risultato previsto, non necessariamente deve restarne coinvolta ciascuna singola materia oggetto di competenza regionale concorrente o residuale.
Emblematica, tal proposito, può risultare, ancora una volta la materia della previdenza complementare, rispetto alla quale l'adeguatezza della protezione sociale, quale costituzionalmente imposta, va apprezzata non frazionatamente, ma unitariamente: cioè quale risultante dal concorso con la previdenza di base, secondo la teoria dei cosiddetti due pilastri: sicché, anche se può apparire singolare, la regolamentazione da parte della fonte regionale della materia della previdenza complementare resta soggetta soltanto alla fissazione da parte della legge statale dei "principi fondamentali", ma non soggiace anche alla determinazione da parte di quest'ultima dei "livelli essenziali delle prestazioni".
In altri termini, dovendosi riconoscere che il "risultato" sotteso alla competenza "uniformatrice" è affidato all'integrazione dei vari interventi riferibili alle singole materie, sembra giusto prendere atto che, a risultare rilevante, per la determinazione dei "livelli essenziali", non può essere tanto la definizione delle materie e degli ambiti relativi, quanto l'individuazione/definizione degli oggetti destinatari della complessiva tutela.

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