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La dimensione sociale del ricercatore


Per diventare ricercatore serviva un titolo di studio universitario, che consentiva di entrare come apprendista nei laboratori (come precari); da due decenni esiste il dottorato di ricerca, corso teorico-pratico triennale con lo scopo di fornire ai giovani conoscenze approfondite e insegnare a fare ricerca.
Storicamente: XVII e XVIII secolo, gli scienziati provenivano solo da classi superiori quali professionisti e medici (nel Rinascimento avevano bisogno di risorse economiche, quindi si impegnavamo a pubblicizzare le proprie abilità a re e principi); XIX secolo, entrano membri della classe media e in piccola parte delle classi inferiori; XX secolo, i ricercatori provengono in gran parte dal ceto medio, con progressiva partecipazione delle classi meno abbienti (cambia il modello: la comunità scientifica ha ora una propria identità, regole di comportamento e valori, recepiti all’interno delle università in cui trovano la loro occupazione).
4 regole fondamentali di funzionamento dell’attività scientifica (Robert Merton, sociologo):
- Le verità della scienza devono essere definite sulla base di criteri “obiettivi” (impersonalità e oggettività): si deve prescindere dagli aspetti personali (credenze, opzioni ideologiche o politiche) dello scienziato che le enuncia.
- Le scoperte devono diventare patrimonio comune della comunità scientifica, vanno limitati i diritti privati su di esse: perché la nuova conoscenza è frutto dell’accumulazione della precedente.
- I colleghi hanno il diritto-dovere di valutare le idee e i risultati della scienza: sono gli unici con le competenze adatte a selezionare i progetti da finanziare e gli articoli da pubblicare.
- Obbligo di sospendere il giudizio finché i fatti “non parlano da soli”, cioè finché le ipotesi non sono suffragate dalla verifica empirica.
Chi entra nella comunità scientifica deve tenerli ben presenti (ovviamente contestualizzandoli), pena l’espulsione o la marginalizzazione.
I valori della scienza sono radicalmente contrapposti a quelli del mercato, in cui vige l’appropriazione dei risultati, la prevalenza dell’aspetto egoistico su quello della condivisione, la verifica della bontà dei risultati da parte del mercato e non dei colleghi.

Tratto da TECNOLOGIA, PRODUZIONE E INNOVAZIONE di Moreno Marcucci
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