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La disciplina del lavoro subordinato a domicilio


Per ciò che concerne la prestazione, la legge esclude anzitutto l’ammissibilità dell’esecuzione “di lavoro a domicilio per attività le quali comportino l’impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute” (al fine di evitare una fin troppo facile evasione delle norme in tema di prevenzione di infortuni e di malattie professionali); è inoltre esplicitamente vietato affidare lavoro a domicilio per la durata di 1 anno a tutte quelle aziende che abbiano disposto licenziamenti oppure sospensioni dal lavoro (la norma ha, evidentemente, lo scopo di tutelare il livello di occupazione della manodopera all’interno dell’azienda).
Per quanto riguarda la retribuzione, non essendo possibile, in mancanza di un’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa, la determinazione dell’orario di lavoro e, quindi, il controllo sulla durata della prestazione, risulta evidentemente impraticabile il sistema di retribuzione a tempo, onde l’unica forma idonea di retribuzione è il cottimo.
Per questo il legislatore ha stabilito che la retribuzione del lavoratore a domicilio deve essere a cottimo pieno, secondo le tariffe previste dai contratti collettivi di categoria.
Se l’imprenditore committente affida una quantità di lavoro tale da procurargli una prestazione continuativa corrispondente all’orario normale di lavoro, il lavoratore a domicilio è obbligato ad astenersi da attività concorrenziali in danno dell’imprenditore.
Si deve segnalare che il contratto di lavoro a domicilio è uno dei rari contratti di lavoro in cui assume rilievo l’obbligo di tenere una documentazione scritta idonea a fornire attestazione (anche a fini probatori) dei dati in essa riportati.

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