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La disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale


Il d.lgs. 61/2000 definisce le nozioni di tempo pieno (l’orario normale di lavoro fissato dalla legge, o quello inferiore previsto dai contratti collettivi applicati nell’impresa) e di tempo parziale (l’orario fissato dal contratto individuale di lavoro ed inferiore a quello del tempo pieno), nonché quelle di part-time orizzontale (in cui la riduzione dell’orario è prevista in relazione all’orario normale giornaliero), di part-time verticale (in cui l’attività lavorativa giornaliera è svolta a tempo pieno, ma solo per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno) e di part-time misto (il quale si svolge secondo una combinazione di quello orizzontale e verticale).
Per quanto riguarda, poi, la stipulazione del contratto la legge richiede la forma scritta ad probationem.
Un importante parte della disciplina del part-time è quella, derivante dalla normativa comunitaria, che sancisce il principio di non discriminazione (in realtà uniformità o parità di trattamento).
Tale principio si sostanzia nella previsione di un divieto di riservare al lavoratore part-time, per il solo motivo di lavoratore a tempo parziale, un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno “comparabile”.
Il legislatore ha tenuto comunque a precisare che tale divieto di discriminazione comporta, per il lavoratore part-time, il godimento integrale degli stessi diritti di cui beneficia il lavoratore a tempo pieno “comparabile” che non sono suscettibili di riproporzionamento, il quanto la loro attribuzione, titolarità ed esercizio deve prescindere dal fatto che la prestazione sia effettuata ad orario ridotto (ad esempio, retribuzione oraria e ferie annuali); per contro, il trattamento riservato al lavoratore part-time va riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa, con riferimento agli istituti rispetto ai quali si ritiene rilevante l’effettuazione di una prestazione ad orario ridotto (ad esempio, l’importo della retribuzione globale e della retribuzione feriale).
Integralmente sostituita dal d.lgs. 276/2003 è la disposizione del d.lgs. 61/2000 che tutela l’interesse (e quindi indirettamente la libertà) del lavoratore a scegliere tra lavoro a tempo pieno e a tempo parziale nonché a modificare tale scelta nel corso del rapporto, trasformandolo da tempo pieno a tempo parziale e viceversa.
Al riguardo il d.lgs. 61/2000 sancisce che “il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.
Da ciò si deduce che all’imprenditore è precluso il ricorso al licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ma non quello ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo qualora il comportamento del lavoratore possa nel concreto integrare una “ragione” inerente all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.
Inoltre è tutelata la posizione del lavoratore a tempo pieno contro le eventuali pressioni del datore di lavoro per indurlo ad accettare la trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale: per la validità dell’accordo è necessaria la sua convalida presso la Direzione provinciale del lavoro.
Per quanto riguarda la tutela dell’interesse del lavoratore alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro a tempo parziale a tempo pieno, si affida ad uno specifico accordo individuale la possibilità di disporre un diritto di precedenza per i lavoratori che già avevano trasformato il loro rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale rispetto alle assunzioni alle stesse mansioni o a mansioni equivalenti.

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