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La duplice struttura del desiderare e il raggiungimento del bene

Quando il desiderare non è semplicemente un cieco impulso ad afferrare tutto ciò che gli viene offerto, assume una duplice struttura: da un lato è spinta a realizzare/conseguire l’oggetto che distende e gratifica la tensione appetitiva, il che genera un sentimento di piacere; dall’altra è impulso a fuggire e non perseguire l’oggetto che ostacola o neutralizza la tensione appetitiva, perché ritenuto inadeguato o in antitesi con la sua intenzionalità, il che genera un sentimento di avversione. L’animo umano vuole possedere solo ciò che procura l’allettante sentimento del piacere, considerato il propellente ideale per favorire la vita. Ed è proprio questo sentimento che mette in moto i poteri conoscitivi dell’uomo. Per cui è il sentimento ad assicurare l’armonia tra conoscere e desiderare.
Nel caso in cui si riscontra un sentimento di piacere nel conseguire un oggetto, si è raggiunto il “vero” (e dunque il “bene”); nel caso contrario il “falso”. Il falso è il “male”, è una lesione inferta alla vita, perché annulla la carica energetica del desiderio e azzera la sua capacità di iniziativa.
È dunque il vero che distende e gratifica la tensione conoscitiva, ma è anche il vero a creare le basi per un nuovo mondo in cui la realizzazione dell’oggetto, del bene, del valore, dell’interesse (cui sono diretti il desiderio e la conoscenza), nonché una nuova complicazione del sentimento, che non è più solo un sentimento di piacere che accompagna la distensione del desiderio, ma anche un sentimento di piacere per aver raggiunto il vero (“piacere del vero”), danno un contributo notevole per istituire l’universo della moralità. È in tale universo che si plasma una vita indicizzata dal valore.
Non qualsiasi verità, però, conferisce un piacere (almeno un piacere prettamente morale), ma solo quel vero che, come direbbe Kant, è congruente alla facoltà delle regole, ossia alla ragione. Il “piacere delle regole” nell’agire etico rappresenta ciò a cui tende il desiderio dell’essere razionale, un desiderio retto che progetta il fine ultimo della destinazione (Bestimmung) umana: l’Humanität; destinazione che non è dettata da un Essere Supremo, ma è inscritta nella struttura psicofisica dell’uomo. «Il piacere per le leggi – scrive Schleiermacher – mi spinge in tutte le mie conoscenze a fare riferimento a esse; e dunque il piacere per le leggi nell’agire sia altresì la tendenza del mio desiderio! È questa la splendida meta lontana della mia destinazione! È questa la suprema e più profonda unione essenziale delle mie facoltà! È questa l’umanità nel suo più alto grado, nella sua autentica e più profonda essenza!».

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