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La durata della disoccupazione


Se la maggior parte della disoccupazione è di breve durata, si può ipotizzare che si tratti di disoccupazione frizionale e che sia inevitabile.
Se la disoccupazione è prevalentemente di lunga durata, non può essere attribuita al processo di ricerca di occupazione. La disoccupazione di lungo periodi, quindi, è da classificare come disoccupazione strutturale.
Se l’obiettivo è abbassare il tasso naturale di disoccupazione, la politica economica deve tendere a concentrarsi sulla disoccupazione di lungo termine, perché è quella a cui si riferisce la maggiore quantità di disoccupazione. Gli interventi devono, però,  essere mirati con precisione perché i disoccupati a lungo termine rappresentano una esigua minoranza dei disoccupati. 

Le variazioni della partecipazione alla forza lavoro
Nel modello del tasso naturale di disoccupazione abbiamo ipotizzato che la forza lavoro sia fissa. L’unica ragione della disoccupazione è la separazione dal lavoro, e l’unica ragione di uscita dalla disoccupazione è l’ottenimento di un posto di lavoro. 
Nella realtà, invece, le variazioni della forza lavoro rivestono una grande importanza: circa un terzo dei disoccupati sono nuovo entrati nella forza lavoro (giovani in cerca di prima occupazione, persone che avevano temporaneamente abbandonato la propria occupazione). Inoltre non tutta la disoccupazione finisce con l’ottenimento di un posto di lavoro: la metà delle esperienze di disoccupazione finiscono con l’uscita del disoccupato dal mercato del lavoro.
Alcuni individui che si definiscono disoccupati, non cercano seriamente un lavoro e dovrebbero essere più correttamente considerati come non partecipanti della forza lavoro; dall’altra parte alcuni individui(non conteggiati nella forza lavoro) vorrebbero seriamente un lavoro ma dopo ricerche infruttuose, hanno smesso di cercarlo (lavoratori scoraggiati).

Tratto da MACROECONOMIA di Alessia Chiovaro
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