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La manifestazione del tentativo in forma circostanziata


Rapporto fra tentativo e circostanze (e cioè la manifestazione del tentativo in forma circostanziata)

Non possono essere applicate al tentativo le circostanze intrinsecamente dipendenti dal fatto che il delitto non è stato consumato (in quanto costituiscono un aspetto costitutivo della figura criminosa: così, risulta inapplicabile l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 ad un furto tentato per il solo fatto che, non avendo il reo sottratto la cosa, il danno patrimoniale risulta modesto o insussistente).
Bisogna poi distinguere due situazioni:
1.La circostanza è già presente al momento della commissione degli atti (es. tentativo di omicidio per motivi futili: art. 61 n. 1, o in seguito ad una provocazione: art. 62).
L'applicabilità della circostanza è allora ovvia e pacifica, salvo il caso (discusso in dottrina) che si tratti di circostanze speciali: si sostiene allora, da parte di taluno, che essendosi esse riferite alla forma consumata, non potrebbero essere estese a quella tentata (che è titolo autonomo di reato) in forza del principio di legalità (così, ad es., le aggravanti di cui all'art. 625.1 riguarderebbero soltanto il delitto di furto consumato previsto dall'art. 624.1: chi tentasse di sottrarre una cosa portando indosso un'arma risponderebbe allora del solo furto, non aggravato ex art. 625.1 n. 3).
Ma si tratta di una soluzione formalistica: l'autonomia del titolo di tentativo non impedisce affatto che l'art. 56.1 si combini anche con la fattispecie del delitto circostanziale, dando luogo ad un delitto tentato circostanziato. Da questo punto di vista, anche i delitti aggravati dall'evento possono assumere la forma tentata, qualora agli atti commessi segua effettivamente l'evento aggravatore (es., da un tentativo di maltrattamenti possono derivare lesioni personali gravi: art. 572.2);
2.    La circostanza non si è realizzata con il compimento degli atti di tentativo, ma si sarebbe senza dubbio prospettata qualora l'iter criminis si fosse sviluppato ulteriormente o si fosse raggiunta la consumazione (es. Tizio tenta di sottrarre un oggetto di grande valore: art. 61 n. 7). In questi casi la giurisprudenza ritiene ugualmente applicabile la circostanza (sempre che la sua realizzazione ulteriore sia certamente implicata nel fatto che il reo intendeva consumare), ma a torto: l'art. 59 co. 1/2 subordina l'imputazione della circostanza alla sua effettiva esistenza e l'art. 56.1, dal canto suo, si riferisce al «delitto» e non anche alla «circostanza».  Poiché il tentativo di una circostanza risulta dunque irrilevante, ne consegue l'inammissibilità di un delitto circostanziato tentato.


Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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