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La polemica di Porfirio - 270 -



Filosofo neoplatonico e allievo di Plotino: Porfirio di Tiro nel 270 compone un'opera in quindici libri intitolata Contro i cristiani. Non conosciamo l'opera come si deve perché Costantino una decina d'anni dopo l'Editto di Milano (313) lo fa distruggere (e Teodosio II un secolo più tardi conferma la condanna). È questo il primo caso di proscrizione di uno scritto anticristiano da parte dello Stato. Ciò che sappiamo lo prendiamo da estratti di Girolamo ed Eusebio e dalla confutazione di Macario di Magnesia. Non sappiamo quasi nulla dunque, ma da quel poco è chiara sia la virulenza dell'attacco sia il carattere della critica.
Ma la polemica di Porfirio è diversa da quella di Celso. Non ci sono motivazioni politiche nel suo attacco, solo religiose. Sono in gioco due concezioni del mondo anche se la concezione di Porfirio è meno organica di quella di Celso. Quella di Porfirio è una religione che riflette un'epoca in crisi; un sistema dottrinario pieno di tensioni e contraddizioni, tra ansia di razionalità ed eccessi di superstizione, tra acribia filologica e ingenuità superstiziose. Ha però una grande conoscenza del cristianesimo: ha letto sicuramente Vecchio e Nuovo Testamento e forse è stato catecumeno. Manca però qualsiasi intenzione di comprendere l'avversario. La sua critica è malevola e il tono più utilizzato è il sarcasmo. Le critiche di Porfirio sono simili a quelle di Celso. È ancora una volta il neoplatonismo che si scontra con il cristianesimo. Porfirio non comprende il disprezzo del mondo, la presunzione di essere i soli salvati, l'origine rozza della gran parte di loro; erano aspetti assolutamente inconciliabili con le idee plotiniane. Il monoteismo cristiano non ha senso, perchè Dio, se governa, governa suoi simili quindi devono esserci dei suoi simili, altre divinità. Il monoteismo cristiano è un politeismo mascherato perchè accanto a Dio pone gli angeli come esseri divini. L'incarnazione del figlio di Dio è altrettanto assurda. Se i cristiani accusano i pagani di credere che nelle statue abitino le divinità, è più folle pensare che la divinità abiti nel seno della vergine Maria. E poi non si capische perchè l'incarnazione del figlio di Dio sia avvenuta così tardivamente. E come si può pensare che un Figlio di Dio possa soffrire?
È inconcepibile anche l'escatologia cristiana concepita da Paolo, perchè è assurdo credere nella risurrezione dei morti e nella fine del mondo; se anche scomparisse la terra non potrebbe scomparire il cielo. Inconcepibili poi sono i comportamenti e i riti dei cristiani sono del resto immorali e ripugnanti. Se la salvezza è riservata ai peccatori, i peccatori sono migliori? E il battesimo? Non è concepibile che una sola abluzione elimini per sempre ogni turpitudine.
Ci sono poi le critiche ai fondatori del cristianesimo, dei poveracci saltimbanchi che si arricchivano ai danni dei pù creduli. Pietro ha rinnegato tre volte il maestro e Paolo è ancora peggio con le sue affermazioni contraddittorie sul valore della legge mosaica, sulla natura della verginità e del matrimonio, sulla liceità e illiceità dei cibi.
Ci sono poi le critiche alle Scritture. Porfirio doveva avere condotto una serrata critica dell'Antico Testamento. Sappiamo che considerava la Torah un insieme di favole. Girolamo in effetti dimostra come il Libro di Daniele non risalga a Nabucodonosor ma a Antioco Epifane e quindi le sue profezie erano solo ex eventu.
Analoga critica al Nuovo Testamento dove gli evangelisti vengono considerati confusionari e privi di competenza storica. Non ci si può mascherare dietro le allegorie continua. Una critica così capillare e serrata diede vita al filone delle Quaestiones et responsiones di scrittori che avvertita la pericolosità delle teorie di Porfirio scrissero decine di libri, oggi perduti, per confutarle.

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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