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La politica sovietica di Michail Gorbačëv


Nel 1980 nelle fabbriche polacche, a causa dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari, si organizzano una serie di scioperi e viene fondato un sindacato libero non comunista (Solidarność, Solidarietà) sostenuto dalla Chiesa cattolica polacca e dal papa Giovanni Paolo II, ex arcivescovo di Cracovia. In seguito il sindacato viene sciolto e i capi arrestati.
Nel 1985 diventa segretario del Partito comunista Michail Gorbačëv. Più giovane dei suoi predecessori, lontano dall’esperienza staliniana, Gorbačëv vuole liberalizzare il sistema politico ed economico sovietico.
Così attenua la censura, rianima il dibattito politico e rende pubbliche e criticabile le decisioni dell’élite politica dell’Urss.
Il 1986 è invece l’anno di Chernobyl (Ucraina). Nella centrale nucleare della città esplode uno dei reattori. L’impianto, come molti in Urss, è vecchio, tecnologicamente superato e sottoposto a controlli molto sommari. Dal reattore esploso si sprigiona una nube radioattiva che investe l’intera Ucraina e che arriva in Europa orientale, Germania, Francia, Italia, e Scandinavia.
Gorbačëv lancia così la perestrojka (ristrutturazione), ovvero una linea di politica economica che ha come obiettivo l’introduzione di innovazioni tecnologiche e il miglioramento degli impianti.
Nel 1990 Gorbačëv diventa presidente dell’Unione Sovietica.
La maggior libertà di discussione ha rilanciato le forze nazionaliste tanto che nel 1990 le tre Repubbliche baltiche (Lituania, Lettonia, Estonia) dichiarano la loro indipendenza e autonomia dall’Urss. Gorbačëv all’inizio sembra incline a inviare le truppe sovietiche ma riceve critiche dai riformisti, soprattutto da Boris Eltsin che nel 1991 diventa presidente della Repubblica russa. Da questo momento in poi l’Urss si dissolve. Russia, Ucraina e Bielorussia dichiarano la loro indipendenza.
Tra l’altro, il 9 novembre 1989 i dirigenti della Germania comunista autorizzano l’apertura dei passaggi da Berlino Est a Berlino Ovest, oltre che l’apertura dei confini tra Germania Est e Ovest. Sono in un certo senso costretti a farlo perché durante l’estate del 1989 molti cittadini dalla Germania Est, attraversando l’Ungheria, sono arrivati in Austria e da lì nella Germania Ovest per restarci.
Così il 9 novembre 1989 i tedeschi di entrambe le parti cominciano ad abbattere il muro di Berlino, che per 28 anni li ha divisi. Nel 1990 le due parti si uniscono in un unico Stato, la Repubblica Federale di Germania.
Per quanto riguarda la Romania, in seguito a scioperi contro il regime dittatoriale di Ceausescu, il governo ordina la repressione. Però i movimenti di protesta aumentano e Ceausescu è costretto a scappare. Viene catturato e condannato a morte.

Tratto da L'ETÀ CONTEMPORANEA di Gabriella Galbiati
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