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La procedibilità nei reati sessuali


Punto caldo, storicamente, dei reati sessuali è la loro procedibilità.
La perseguibilità d’ufficio è considerata legata all’interesse pubblico alla moralità pubblica, ormai incompatibile con la nuova concezione dei reati sessuali post-riforma 1996, che li pone a tutela, come visto, della libertà individuale, la quale sembra maggiormente ricollegabile alla procedibilità a querela.
In ogni caso il problema non è così assillante, in quanto anche con la procedibilità d’ufficio la notizia di reato deve essere presentata dalla vittima, salvo peraltro rari casi di testimoni, restando su di essa l’iniziativa del procedimento.
La riforma del 1996 ha mantenuto la regola della procedibilità a querela nei reati di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenne.
Ha, però, inoltre previsto deroghe in favore della procedibilità d’ufficio nei casi di:
- violenza sessuale su minore di 14 anni,
- violenza sessuale commessa da genitori, conviventi o tutori,
- violenza sessuale commessa da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni,
- violenza sessuale connessa probatoriamente (non processualmente) ad altro delitto procedibile d’ufficio (violenza durante rapina),
- atti sessuali con minorenne quando la vittima è minore di 10 anni.
Infine, la riforma prevede l’integrale procedibilità d’ufficio nei reati di:
- corruzione di minorenne,
- violenza sessuale di gruppo.
La riforma del 1996 amplia anche il termine di proposizione della querela a 6 mesi, e rende la querela presentata irrevocabile.
Oltre a ciò estende anche ai prossimi congiunti il diritto di sostituzione a presentare la querela in caso di morte della vittima, e anche contro la sua manifestata volontà.

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