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La questione Albanese e i Balcani tra XIX e XX secolo

Fra ‘700 e ‘800 l’Europa cambia, nascono Italia e Germania, si sviluppano le borghesie nazionali e i grandi imperi multinazionali devono confrontarsi con una nuova realtà. I Balcani divengono il banco di prova delle potenze europee. Nel Congresso di Vienna del 1815 emerge il principio della legittimità, ma ci si occupa solo marginalmente dei Balcani e delle dispute tra Russia, Austria e Turchia. Le popolazioni balcaniche tuttavia cominciano a scalpitare, i serbi ottengono un governo autonomo dopo aver sconfitto i turchi, e diventano esempio per Moldavia e Grecia, che ottengono l’autonomia. La Russia, sfruttando il caos, marcia verso Costantinopoli, ma viene fermata da Francia e Gran Bretagna. Fu firmato un accordo che sanciva la libertà di navigazione russa nel Mar Nero. Altri elementi d’instabilità per l’Impero Ottomano erano le conquiste francesi nel Nord Africa e lo sviluppo dell’Egitto. La Russia ci riprova, ma francesi e inglesi portano la guerra in Crimea, dove la Russia viene sconfitta a Sebastopoli. Al Congresso di Parigi del 1856, la Russia sarà fortemente penalizzata, mentre viene assicurata l’integrità dell’Impero Ottomano, il cui crollo avrebbe destabilizzato l’intera Europa.
Negli anni ‘70 nei Balcani tocca a Erzegovina, Bulgaria e Montenegro insorgere, e la dura reazione turca offre ai russi un pretesto per intervenire. Nel 1877 la Russia dichiara guerra al sultano, e ad essa si uniscono Romeni, Bulgari, Montenegrini e Serbi. La Turchia chiede la pace e l’armistizio di Adrianopoli segna la fine della guerra. Col Trattato di Santo Stefano la Bulgaria ottiene l’autonomia, mentre Serbia e Montenegro l’indipendenza. Al Congresso di Berlino, convocato da Bismarck nel ’78, ottiene l’indipendenza anche la Romania, la Macedonia resta turca, la Bosnia e l’Erzegovina vengono occupate dall’Austria e la Francia ottiene la Tunisia. Gli albanesi rimangono sostenitori dei turchi, perché capiscono di essere oggetto di desiderio per Austria e Italia, che si contendono il controllo dell’Adriatico. L’Albania diventa il banco di prova per le due potenze. Nel 1896 l’Accordo di Monza sancisce l’impegno delle due potenze a mantenere lo status quo in Albania, ma in realtà i progetti continuano. Gli Austriaci attirano il clero cattolico attraverso il fattore religioso. L’Italia invece appoggia i movimenti unitari e adotta una politica di penetrazione culturale. Da notare che nel frattempo l’Albania era rimasta estranea alla modernizzazione, alla razionalizzazione e alla trasformazione dell’economia. In questo periodo la Serbia cerca di stringere preziose alleanze con gli altri stati balcanici (Bulgaria, Montenegro, Grecia) per attuare un’azione anti-turca. Dal canto loro in Albania nascono bande di ribelli che usano armi italiane. Non si riesce, però, a instaurare una vera fiducia tra le popolazioni balcaniche, che nutrono sempre sospetto le une nei confronti delle altre, non riuscendo così a cogliere i momenti di debolezza dell’Impero Ottomano.

Tratto da STORIA DELL'ALBANIA CONTEMPORANEA di Giulia Dakli
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