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La scuola e gli intellettuali : Gramsci



Nonostante i lunghi attenti studi sulla riflessione di Gramsci sul problema della scuola, il vario dibattito svoltosi negli ultimi cinquant’anni sul ruolo degli intellettuali ha tenuto ben poco in considerazione il nesso strettissimo che Gramsci aveva individuato tra questione degli intellettuali e questione della scuola.
Il problema di fondo si basa sulla nozione stessa di intellettuale e sulla natura e l’orientamento di gran parte di quelle riflessioni sugli intellettuali e i loro rapporti con le istituzioni, con i ruoli ad essi affidati, con le funzioni eccetera.
Oggi è fondamentale ridefinire la nozione di intellettuale organico e ridiscutere le pagine di Gramsci sugli intellettuali, individuandone le trasformazioni che nel frattempo si sono date per la natura stessa delle attività intellettuali, i nuovi rapporti con l’insieme sociale, con l’intero orizzonte del mercato e della comunicazione.
La scuola, per quanto sia serbatoio e ricettacolo di insoddisfazioni e di nette separazioni culturali di marca generazionale, può forse avere ancora la chance di dare spazio, in rapporto e in contrasto con l’universo dei media, ad una nuova figura di intellettuale ecologico e civile, che coniughi appartenenza e universalità, conducendo azioni responsabili per l’equilibrio della natura e della società, per il giusto scambio tra i soggetti del villaggio globale.
Per questo oggi è quanto mai essenziale ritornare sul nesso strettissimo che Gramsci individuava tra questione degli intellettuali e questione della scuola. Questo, avendo alle spalle il vario dibattito del secondo Novecento, comporta la necessità di intrecciare la critica all’uso che è stato fatto della nozione di intellettuale con la critica a certe prospettive sulla scuola che sono state assunte dalla sinistra, soprattutto dopo il sessantotto.
Si, perché occorre una radicale revisione dei modelli, delle ipotesi, dei luoghi comuni che ci hanno accompagnato negli ultimi trent’anni, e nondimeno occorre una spietata analisi del contributo che anche la sinistra ha dato a certe derive attuali assieme all’analisi delle prospettive indicate da Gramsci. Una società e una cultura come quelle attuali, si trovano davanti sfide che non sono le stesse di trent’anni fa e che non possono essere combattute a colpi di modelli di democrazia culturale spicciola alla don Milani, fatto a pezzi, insieme alle sollecitazioni del mercato e delle comunicazioni di massa.
Il nesso tra scuola e intellettuali si ripropone poi da un punto di vista che potremmo definire dissolvente: entrambe, infatti, sembrano categorie e realtà sempre più evanescenti, perdendo sempre più identità e riconoscibilità, apparendo indifferenti ed inessenziali a strati sociali sempre più ampi, che li danno sempre più per spacciati.
Questi semi certificati di morte prossima traggono forza dall’evanescenza del mercato del lavoro e della conoscenza e al venir meno del rapporto tra espansione economica ed espansione del lavoro.
La conoscenza viene parcellizzata e frantumata, connessa sempre più a ambiti tecnici separati tra loro e ignorantisi a vicenda. La riduzione del lavoro intanto comporta una riduzione sociale delle conoscenze, ovvero una moltiplicazione incontrollata di notizie neutre e derealizzate in una realtà che tende sempre più a escludere il riconoscimento dei dati oggettivi, il confronto con la realtà materiale, con la natura da modificare con il lavoro e la conoscenza.

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