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La sindrome di Rett: criteri diagnostici e strategie di intervento

La sindrome di Rett è un’ encefalopatia poco conosciuta e spesso confusa con l’autismo. Manca una spiegazione etiologica certa.
Considerata un complesso disturbo neurologico che influenza lo sviluppo motorio, provocando una regressione che inizia con la perdita dei movimenti volontari e coordinati e si evolve portando la persona ad avere squilibri della colonna vertebrale, arrivando a movimenti parkinsoniani e distonici; si può dedurre che questa patologia provoca una grave disabilità. Questa serie di sintomi e segni appaiono durante l’infanzia a seguito di uno sviluppo apparentemente normale.
Teniamo in considerazione che:
1. Dal punto di vista motorio: è considerata un “disturbo secondario del movimento”, infatti sono presenti deficit del controllo dell’equilibrio, del tono muscolare e della coordinazione dei movimenti. Esempio di disturbo presente nella sindrome di Rett è la perdita della capacità di compiere gesti finalizzati e azioni, detta aprassia della funzione gesticolatoria.
2. Dal punto di vista neurologico: è un disturbo che colpisce in modo sequenziale e selettivo alcuni meccanismi finalizzati allo sviluppo, specialmente nella prima e seconda infanzia.
Le bambine affette da Sindrome di Rett presentano uno sviluppo normale fino all’età di 6-18 mesi.
Stadio di stagnazione precoce, 9-12 mesi: le acquisizioni psicomotorie sono normali
(sorriso, contatto visivo, trasferimento di un oggetto da una mano all’altra, lallazione, gattonamento e deambulazione). Durante la prima infanzia le bambine tuttavia possono mostrare alcuni segni che indicano un’influenza patogenetica prenatale, o una disfunzione neuronale, quali: la calma, la silenziosità, l’ipotonia e la dissociazione dello sviluppo motorio.
Stadio di regressione rapida, 18 mesi- 2 anni: si assiste a una regressione comportamentale, a una perdita delle capacità comunicative e a un disinteresse per l’ambiente circostante. Fase particolare in cui sono frequenti i disturbi del sonno, crisi di pianto, grida; inoltre queste pazienti mettono in atto comportamenti di auto isolamento che sono tipicamente autistici, per questo motivo spesso si rischia di sbagliare la diagnosi. Avviene la perdita dell’uso volontario delle mani, per quanto riguarda la manipolazione e prensione degli oggetti.  Sempre durante questa fase, quando il bambino viene svegliato, si creano alterazioni tra momenti di agitazione, iperventilazione, a periodi di apnea, ai quali si associano movimenti ripetitivi delle mani, degli arti, del volto e del tronco.
Compaiono poi comportamenti stereotipati:  picchiettano la bocca e la lingua, suzione e il continuo leccarsi le mani( lesioni cutanee), hand washing, l’aprassia della deambulazione con oscillazioni laterali del tronco e il tremore che pervade tutto il corpo.
Questi fenomeni danno l’introduzione alla terza fase della sindrome, o stadio pseudo stazionario o di stabilizzazione apparente: le ragazze riescono a riacquistare la capacità di comunicare, va migliorando il contatto visivo, la capacità di riconoscere, di memorizzare, riacquistano la capacità di comunicazione non verbale e alcune capacità tipiche della relazione sociale.
Un altro stadio è chiamato deterioramento motorio tardivo: devastante debolezza che costringe le paziente a ricorrere alla sedia e rotelle (scogliosi gravi, piedi ipotrofici e costante flessione plantare). In questa fase le crisi epilettiche ( diffuse soprattutto nella seconda infanzia) sono meno frequenti e lo sguardo da fisso si fa più diretto e attento. Si verificano in qualche caso brevi episodi di perdita di coscienza.


Tratto da CLINICA PSICOLOGICA IN SINDROMI RARE di Beatrice Segalini
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