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La tutela economica del coniuge debole nei procedimenti di delibazione


L’Accordo di Villa Madama stabilisce che “la Corte d’Appello potrà, nella sentenza intesa a rendere esecutiva una sentenza canonica, statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei coniugi il cui matrimonio sia stato dichiarato nullo”.
Si tratta delle c.d. statuizioni economiche provvisorie di competenza della Corte d’Appello.
Solo nel giudizio successivo il giudice ordinario disporrà in merito all’indennità o agli alimenti dovuti da un coniuge all’altro, in conformità a quanto dispone il regime del matrimonio putativo: “il giudice può disporre a carico di uno dei coniugi e per un periodo non superiore a 3 anni, l’obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell’altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze”.
Pertanto, mentre nel caso di matrimonio putativo il coniuge in buona fede può al massimo aspirare ad una indennità corrispondente al mantenimento per 3 anni, nel caso di divorzio potrebbe ottenere un assegno di mantenimento per tutta la vita.
Può anche accadere che una sentenza ecclesiastica di nullità sia delibata in pendenza di un giudizio di divorzio.
L’eventualità è resa possibile dalla sostanziale diversità oggettiva dei giudizi.
Nel giudizio di divorzio, il petitum consiste nella richiesta di sciogliere, ovvero di far cessare il rapporto esistente, con effetti ex nunc; la causa petendi consta nel ricorrere delle condizioni espressamente previste dalla l. 898/70, ossia l’esser venuta meno ed essere impossibile la ricostruzione della comunione spirituale e materiale dei coniugi.
La causa di delibazione di una sentenza di nullità ha come petitum la pronuncia meramente dichiarativa ex tunc di efficacia agli effetti civili della sentenza ecclesiastica, che ha sancito la nullità del vincolo; mentre la causa petendi è data dalla ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 8 dell’Accordo.
Ne consegue pertanto l’esclusione di ogni pregiudizialità nel rapporto tra scioglimento del rapporto ed accertamento della sua validità: il giudizio di divorzio non è minimamente precluso dalla presenza di un giudizio ecclesiastico di nullità avente ad oggetto lo stesso matrimonio.
Deve invece essere dichiarata la cessazione della materia del contendere di un giudizio di divorzio nel caso di passaggio in giudicato della sentenza di delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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