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Lavoro, alienazione e conflitti in Marx



Le convinzioni di Marx circa l’importanza del proletariato nella società si rafforzarono quando Engels nell’Abbozzo di una critica dell’economia politica mostrava come l’aumento dell’accumulazione di ricchezze da parte di pochi generava crisi economiche per cui la maggior ricchezza di pochi industriali significava maggior povertà per i molti operai. Questi dati smentivano l’importanza che molti teorici dell’economia davano alla proprietà privata. Per questo motivo una conseguenza ovvia per risolvere il problema era l’eliminazione della proprietà privata. Ma per giungere a queste considerazioni bisognava studiare approfonditamente le leggi che regolano le società industrializzate in modo tale da capire cosa permetteva la formazione di quella classe povera e che subiva ingiustizie, il proletariato. Marx allora si accorse che il mondo dell’economia è un mondo di conflitti che contraddicono le teorie degli economisti che sostengono la felicità per la maggioranza degli individui. Marx sostiene che l’economia politica trascura i rapporti tra l’operaio e l’importanza del suo lavoro all’interno della società, nascondendo in questo modo i disagio che nel mondo operaio vengono a crearsi. Il concetto di alienazione era già stato sviluppato da Hegel, il quale però lo aveva inteso semplicemente come il “diventare altro” ossia nel processo dialettico consegnare qualcosa di proprio a qualcun altro per progredire verso una sintesi finale.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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